Contro l’Autonomia differenziata, a difesa dell’unità del Paese, scendono in piazza Cgil e Uil Puglia. Domani terranno, in piazza San Ferdinando a Bari, dalle 17, una manifestazione per dire «no» al ddl Calderoli, approvato in prima lettura al Senato. Hanno chiesto di aderire a sindaci, rappresentanti istituzionali di ogni partito, di sinistra, di centro, di destra. Chiamano alla mobilitazione lavoratori e lavoratrici, forze sociali e politiche, tutti i cittadini e le cittadine.
Ci sarò, come ci sono sempre stato e sono convinto che su queste iniziative vada esercitato il massimo sforzo d’informazione, proprio per fare arrivare alle donne e agli uomini, agli anziani e ai giovani il messaggio «Fermiamo una riforma spacca-Italia». Dobbiamo allargarlo a tutte le italiane e italiani, legando la battaglia contro l’autonomia voluta dalle Regioni padano-venete ad un altro progetto delle Destre, che mette in pericolo il Paese e la nostra Costituzione.
La vera questione non è soltanto bocciare il regionalismo rafforzato, che di per sé minaccia la più volte denunciata spaccatura del Paese, ma è il cordone ombelicale che unisce questo scellerato disegno federalista e secessionista della Lega all’altro, insidiosissimo, di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia: il premierato, eversivo dell’assetto istituzionale definito dai Costituenti settantasette anni fa.
Il centrodestra sta correndo verso uno sconvolgimento dei poteri delle massime cariche dello Stato e della filosofia costituzionale stessa. Vanno avanti con arroganza, senza nemmeno il pudore di nascondere interventi antidemocratici. Altro non è, se non una violazione del diritto di parola e uno strappo istituzionale, l’altolà imposto dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, per il tramite del Capo delle carceri italiane Giovanni Russo, all’ex presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato. Vietato presentare a San Vittore-Milano, il suo libro sulla condizione penitenziaria in Italia.
Non ci risparmiano queste scelte autoritarie, queste sceneggiate «nostalgiche» e non c’è ancora il premierato. Figurarsi quando ci sarà un uomo solo al comando - o una donna - a Palazzo Chigi. In Parlamento non si può parlare, non si ammettono emendamenti. Non c’è forse già aria di regime con il pugno di ferro, che blocca deputati e senatori, ne limita le prerogative?
Si mette il bavaglio anche ai propri parlamentari, a dimostrazione che non c'è fiducia all’interno della coalizione, per cui si procede a tappe forzate e soprattutto a bocca chiusa, nessuno può intervenire.
Fuori dai Palazzi della politica, il Paese non sta bene, è impensierito dal grido di dolore che viene al mondo dell’agricoltura, una sofferenza che il Governo attuale fa solo finta di raccogliere, cercando di sottrarsi da bersaglio delle proteste, che invece lo coinvolgono in modo sacrosanto. E non dimentichiamo che soprattutto il Sud vive di agricoltura.
Le Destre alla guida dell’Italia sono il disastro provocato dal «Campo disperso» per la mancata unità della coalizione progressista nell’estate 2022, che ha portato alla sconfitta delle forze del Centrosinistra. Le divisioni, il correre separati al voto al voto di Pd, Si e progressisti, 5Stelle, Psi, +Europa, Renzi e Calenda, hanno regalato all’Italia questa maggioranza, anche grazie all’alta percentuale della diserzione dalle urne degli elettori delusi. Mi auguro che sia d’insegnamento la lezione di quest’altro ‘22, dopo un secolo: il centrosinistra non può restare diviso, deve compattarsi. Da tante forze di opposizione deve diventare una sola forza unita di democrazia e progresso, deve presentarsi agli Italiani come alternativa affidabile di governo. Tanto più che l’esecutivo Meloni procede unito nonostante tutto, sebbene all’interno ognuno si sia ritagliato un proprio obiettivo, un proprio punto di arrivo. Alla Lega non interessa se poi ci sarà il premierato o no, preme che i loro territori possano autogestirsi, realizzare la secessione di fatto, perché Veneto, Lombardia, Piemonte, forse anche Liguria ed Emilia Romagna, devono avere le mani libere. Poco importa se il Paese resta unito o si spacca, perché lassù si sentono una comunità diversa, che non si riconosce nell’unità d’Italia.
A Giorgia Meloni, che sta facendo il giro del mondo, che spazia da una parte all’altra seguita dalle videocamere Rai, preme la propria immagine, dare l’idea che è un primo ministro forte, virile. Per continuare questa marcia verso il potere, ha bisogno però di vedere approvato il premierato. È chiaro che le due riforme, autonomia e presidenzialismo, saranno devastanti per per la tenuta unitaria del Paese, per il Mezzogiorno e per i cittadini del Sud.
Non si può negare che la sfida meridionale all’autonomia differenziata nasca con ritardo. Ora, con queste manifestazioni si potrà andare avanti, ma sarebbe bene associare la battaglia per l’unità a quella che va sollecitamente scatenata per alzare un muro di dissenso civile al premier «comando solo io» e per difendere la Costituzione, non vederla svilita e aggirata. Perché se si mettono insieme il premierato e la legge elettorale senza preferenze - il «porcellum» delle Politiche, sempre di Calderoli, coi partiti che spendono e spandono candidati a piacimento, rafforzando le proprie oligarchie - tutto questo diventa una vera rovina.
Intanto, è evidente e pericoloso che autonomia differenziata e presidenzialismo stanno andando a braccetto e sono il collante che tiene assieme la maggioranza. E non è accettabile che il centrodestra metta il bavaglio a tutti, che in Parlamento si vada solo ad alzare la mano, che non ci sia dibattito, solo qualche scontro, più da avanspettacolo che da dialettica democratica.
In questa stagione politica venata di populismo e mistificazione, non possiamo però stare ad aspettare e sperare che nella maggioranza esplodano contraddizioni interne, che pure affiorano. Dobbiamo trovare soluzioni politiche di contrasto.
Siamo già in una fase di «pre regime», scivoliamo verso un vero e proprio precipizio democratico e istituzionale. Cittadine e cittadini devono sapere, per capire. Occorre intensificare le iniziative per far comprendere agli Italiani le conseguenze a danno del nostro assetto costituzionale.