Sabato 06 Settembre 2025 | 15:04

Una misura concreta in favore delle donne vittime di violenza

 
Fernanda Fraioli

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Fernanda Fraioli

Una misura concreta in favore delle donne vittime di violenza

Introdotta già nel lontano 2020 e riproposta fino ai nostri giorni tramite finanziamenti al Fondo dell’Inps, è un aiuto economico che spetta per l’intero anno solare a donne vittime di violenza, con o senza figli, seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali

Mercoledì 17 Gennaio 2024, 13:16

Finalmente rafforzare la prevenzione della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica, per rendere le iniziative formative in loro favore, a carattere continuo e permanente, è diventata legge (30 dicembre 2023 n. 213. Legge di bilancio di previsione per l’anno finanziario 2024. Artt. 191, 192, 193,194. Tutti strumentali allo scopo di cui all’art. 190).

A tal fine, il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità è incrementato di 3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024. Stanziati 1,5 milioni di euro per l’anno 2024; 4 milioni per il 2025; 3,8 milioni per il 2026; 2,5 milioni per il 2027 e 0,7 milioni per il 2028 in favore dei datori di lavoro che assumeranno donne disoccupate vittime di violenza e beneficiarie della misura del reddito di libertà.

È, inoltre, previsto il riconoscimento dell’esonero del 100% dal versamento dei contributi previdenziali e, in caso di conversione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, l’esonero è prolungato fino al diciottesimo mese dalla data di assunzione a tempo determinato.

Finalmente possiamo dire che tra le misure in favore della parità di genere ed il recepimento delle proposte di ampliamento dei casi di procedibilità d’ufficio per i reati di violenza di genere, questa è sicuramente la più concreta perché inserisce il conseguimento del lavoro e l’autosufficienza reddituale in favore dell’universo femminile.

Con denominazione molto simile all’altro ben più famoso perché più datato, nonché ampiamente usato ed abusato anche, il reddito di libertà consiste in una speciale misura economica prevista quale aiuto per le donne vittime di violenza resa strutturale proprio dalla legge di bilancio per il corrente anno.

La domanda per ottenerlo viene presentata dalle donne che versano nelle condizioni legittimanti, in totale autonomia o con l’assistenza di un rappresentante legale, ma anche da un soggetto da loro delegato.

Viene inoltrata al Comune di residenza, il quale tramite la sezione «prestazioni sociali dei Comuni» del sito web dell’Inps può procedere all’erogazione.

L’importo non è certo da far arricchire dall’alto dei suoi 400 euro mensili, ma ha un significato di non poco momento, come di non poco momento è la sua introduzione in modo strutturale rispetto al passato. Anche le donne che lo hanno percepito nel 2023 sono ritenute legittimate a fruire dell’innovazione normativa dell’assunzione.

Questa misura, introdotta già nel lontano 2020 e riproposta fino ai nostri giorni tramite finanziamenti al Fondo dell’Inps, è un aiuto economico che spetta per l’intero anno solare a donne vittime di violenza, con o senza figli, seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali nel percorso di vera e propria riabilitazione alla vita civile e libera, perché di questo si tratta al pari dei detenuti, finalizzato al sostegno della loro autonomia. Perché questo è il significato della norma che lo prevede che così si esprime: «Favorire, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà».

Perché le botte quando sei impotente per divario fisico, diventano ancora più forti ed insostenibili se sei senza lavoro e/o risorse economiche che annullano qual barlume di dignità che molte donne ancora difendono sottostando alla violenza maschile per una malintesa tutela della prole, quanto più piccola è. Quand’anche non accompagnata da lesioni da pronto soccorso, le privazioni economiche che costringono le donne alla sottomissione per il sostentamento proprio e dei propri figli, resta pur sempre un crimine a cui da sole non riescono a porre rimedio.

Per questo motivo ben venga qualunque misura, si pure minima come il reddito di dignità o di quello di inclusione con il quale è, peraltro, cumulabile, ma ancor di più la misura introdotta ora dalla legge di bilancio corrente, del conseguimento del lavoro perché, se le risorse economiche percepite senza una contropartita lavorativa possono sembrare una manna dal cielo, è soltanto con il lavoro che si completa l’opera di riabilitazione sociale e mentale di un essere umano.

«Il lavoro nobilita l’uomo», detto di antichissima fattura ricondotto nella sua formulazione al padre della teoria evoluzionista Darwin ha, d’altronde, avuto da sempre un significato che, più che ricondurne ad uno meramente produttivo, riconduce alla possibilità che l’uomo ha di ascendere nella scala sociale soprattutto dal punto di vista morale, diventando sinonimo di crescita complessiva del soggetto. E la prova provata dell’effetto nobilitante del lavoro così inteso ci viene proprio dall’assenza di tutto ciò con riferimento a quello che le donne - tanto più se vessate e vittime di violenza - quotidianamente fanno all’interno delle mura domestiche senza considerazione alcuna, né retribuzione che, anzi, per quelle vessate ed abusate, viene quantificata con le percosse.

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