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Viva il plurilinguismo, ma «Paralimpiadi» rimane uno strafalcione

 
Emanuele Greco

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Emanuele Greco

Viva il plurilinguismo, ma «Paralimpiadi» rimane uno strafalcione

La denuncia dell’uso scorretto della parola con cenno di rammarico per la violenza praticata ad una regola elementare.

Domenica 26 Novembre 2023, 13:12

Sono grato a Rosario Coluccia per aver dedicato (sulla «Gazzetta» del 21.11 scorso) un suo autorevole commento alle mie lagnanze filelleniche in difesa delle Olimpiadi.

Il consenso con quanto afferma Coluccia è quasi totale (dirò perché quasi) a cominciare dal rispetto incondizionato e non privo di ammirazione per l’impegno degli atleti disabili. Non è questo il punto; in discussione è il nome della manifestazione sportiva, impropriamente chiamata «paralimpiadi», ciò che priva le Olimpiadi di quella «O» di cui non possono fare a meno. Coluccia, dopo aver espresso il giusto consenso, ci ricorda che l’espressione italiana deriva da quella inglese (paralympic), ciò che avevo adombrato nel mio intervento, sospettando che la storpiatura fosse dovuta a quelli stessi che mandano sulla luna la sorella di Apollo chiamandola Artèmis invece che porre l’accento sulla «A», come il greco richiede.

Giustamente Coluccia, esprimendosi in favore del plurilinguismo (verso il quale noi italiani siamo tradizionalmente sordi: basterebbe fare l’elenco degli svarioni quotidiani sui media) trova che dobbiamo accettare questo uso in omaggio al pluralismo e non trincerarci in un provinciale monolinguismo. Con me sfonda una porta aperta. Nei 16 anni in cui ho diretto la Scuola Archeologia Italiana di Atene, sull’Annuario, organo di quella Istituzione (2001-2016) ho pubblicato articoli di studiosi in italiano, neo-greco, inglese, francese, tedesco e spagnolo.

Per quello che mi riguarda, il plurilinguismo è un mio chiodo fisso, data la mia avversione per il monolinguismo che, come ci insegna Coluccia, impoverisce e rende mono il pensiero. E, visto che stiamo parlando dello strapotere dell’inglese, faccio notare che nelle riviste scientifiche del mio settore disciplinare (Archeologia classica, Storia antica) vige questa regola: articoli in inglese e pure il riassunto, l’abstract, in inglese. Siamo al ridicolo! Perciò l’accusa di chiudersi nel monolinguismo deve essere rivolta non a noi, ma agli anglofoni che difficilmente, anzi assai raramente, praticano un’altra lingua.

Insomma, per me le «Limpiadi» rimangono solo uno strafalcione e la denuncia dell’uso scorretto della parola un cenno di rammarico per la violenza praticata ad una regola elementare. In breve: mi fa specie pronunciare le parole greche attraverso il filtro americano. Ma, certo, non per scarsa sensibilità per il plurilinguismo.

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