Se pensiamo che le elezioni europee contino marginalmente rispetto alla politica nazionale e regionale non facciamo credito alla realtà delle cose.
La dimensione comunitaria ci ha salvati da almeno due eventualità devastanti: svalutazioni monetarie interne; sabotaggi delle singole unità nazionali.
Sul primo fronte l’euro, al netto dell’inflazione attuale, ci ha consentito stabilità dei prezzi, acquisti a basso costo di prodotti esteri, maggiore credibilità nel mondo per gli investimenti.
Sul secondo fronte gli indiziati primari sono i nazionalismi, i secessionismi e i separatismi. Di quest’ultimo fenomeno in Italia abbiamo avuto un assaggio con la Lega Nord mentre in Inghilterra la recente Brexit.
Nell’Europa geografica è, invece, la guerra in Ucraina che sta ponendo in discussione, tra la gente che andrà a votare, la solidità della dimensione comunitaria rispetto alla tenuta dell’Europa politica.
Eppure quest’ultima si nutre di connotazioni nazionali che, loro volta, hanno forza maggiore nei confronti del mondo solo se in una dimensione comunitaria. Prova ne è che l’Unione Europea è il centro del dualismo tra Occidente e Oriente benché all’interno ci siano Paesi «filofili» (si consentirà l’azzardo terminologico) verso l’uno o l’altro.
L’Europa, però, non va intesa come un campo neutro. Tutt’altro. Molti Stati aderiscono anche alla Nato e all’interno di questa dimensione ci sono anche i c.d. Paesi di Visegrad (le due repubbliche ex Cecoslovacchia, l’Ungheria e la Polonia). E sono i Visegrad che imputano da anni all’UE la troppa docilità sulla questione migratoria soprattutto tenuto conto del numero di sbarchi del 2023.
È evidente, per l’effetto, che ci saranno due filoni su cui si stabilizzerà la prossima campagna elettorale europea del 2024: questione bellica e flussi migratori.
Non sarà sufficiente, questa volta, «abbordare» all’idea che l’Unione Europea sia il male assoluto o sia disastrosa riguardo ad entrambi i temi. È invece il tempo della comprensione dei fenomeni per migliorare l’Europa stessa partendo da due verità: l’Ucraina non è UE pur essendo stata invasa da un soggetto politico che per anni si è voluto che entrasse nella comunità europea; i migranti sono inarrestabili rispetto alle povertà diffuse.
Se è vero quanto detto sull’Ucraina, tuttavia, l’Unione Europea non poteva e non può rimanerne affrancata dall’interesse a sostenere quel popolo perché quest’ultimo, pur avendo una storia culturalmente ancorata a quella della Russia (come ha spiegato Papa Francesco), si sente politicamente europeo e ribollente di fraternizzare con l’europeismo. La Georgia non è da meno.
Significa che chi si candida a gestire l’Europa deve considerare l’esistenza, prima di tutto, di una migrazione culturale delle genti ex sovietiche che non potrà essere rifiutata con il semplicismo «dell’Europa malata». No, l’Europa non è malata. Sono malati i sistemi di potere che spingono quei popoli a volere, forsennatamente, salvarsi entrando in un contesto di certezza del diritto e sicura protezione umanitaria.
E qui si collega fortemente la seconda questione: la migrazione economica e dei rifugiati. Il regolamento europeo di Dublino 604/2023 va certamente ridiscusso (e quanto prima). L’Italia e la Grecia sono al collasso. Gli Hotspot sono ingiustamente colpiti da una impossibilità crescente di gestione ottimale rispetto al come erano stati pensati. Ma più di tutto va ripensata la regola di gestione del migrante: tutta l’Europa è solidale, accoglie, ma lo fa con una asimmetria tale che i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo rischiano l’implosione.
Si può pensare ad una nuova regola? In realtà è un principio: quello dell’immediatezza. Non del soccorso (che è garantito dal «non respingimento secondo il regolamento Frontex), ma del sistema accoglienza in quanto tale. Arrivi in Italia e il Paese non ce la fa a gestire in maniera ottimale permanenza del migrante? Intervenga altro Stato dell’Unione a prelevare la persona e dare ogni assistenza umanitariamente sufficiente e dignitosa.
Diversamente l’Italia (e specie il Meridione considerato dove sono gli Hotspot), nell’attesa di questo cambiamento, potrebbe fronteggiare la questione in maniera intelligente: spostare la considerazione del migrante straccione verso una nuova mentalità-sfida ovverosia farlo diventare contribuente.
Se per questi la vita è appesa a un filo, lo è anche per l’Europa. Chi verrà eletto in Europa senza contezza di questi problemi lo farà solo per feeling con l’elettore.