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Quell’odioso pregiudizio contro l’industria che il Sud deve vincere

 
Sergio Fontana

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Sergio Fontana

Quell’odioso pregiudizio contro l’industria che il Sud deve vincere

Finalmente l’Italia, con i suoi intellettuali e scrittori, con la sua classe politica, può cominciare a interrogarsi sul suo rapporto con il mondo delle imprese

Giovedì 31 Agosto 2023, 12:00

Con uno splendido editoriale di qualche giorno fa il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Oscar Iarussi ha posto all’attenzione dell’opinione pubblica il tema del pregiudizio anti-industriale che si annida nella cultura del nostro Paese. Il mondo delle imprese è grato alla Gazzetta del Mezzogiorno per aver finalmente acceso i riflettori dei media su una delle più incredibili contraddizioni nazionali: l’Italia, secondo Paese manifatturiero d’Europa, detesta la sua industria. L’Italia rinnega sé stessa.

Questo pregiudizio non pervade solo la nostra letteratura, ma si estende a tutta la mentalità nazionale. Nutre di diffidenza anche la nostra politica e le nostre leggi. Per noi imprenditori questa non è una novità. Ogni giorno ne viviamo gli effetti sulla nostra pelle. Ogni giorno ci scontriamo con mille ostacoli burocratici, mille divieti, disfunzioni e carenze di infrastrutture e di personale che sembrano concepiti apposta per soffocare il nostro spirito d’intrapresa.

E per questo possiamo dire che nel nostro Paese, e soprattutto qui al Sud, fare impresa è veramente un’impresa!

Per anni Confindustria ha denunciato questa verità. Ora finalmente ne parla un grande giornale e ne parla il saggio di Giuseppe Lupo La modernità malintesa. Controstoria dell’industria italiana edito da Marsilio, citato nel suo editoriale da Oscar Iarussi.

Siamo di fronte a un fatto nuovo e importante: finalmente l’argomento smette di essere la rimostranza di una sola parte di società e diventa oggetto di una riflessione culturale seria.

Finalmente l’Italia, con i suoi intellettuali e scrittori, con la sua classe politica, può cominciare a interrogarsi sul suo rapporto con il mondo delle imprese.

È il momento di chiedersi se ha senso idealizzare ancora un passato bucolico che forse non c’è mai stato, rimpiangendo l’Italia del periodo prebellico, l’Italia affamata, stracciona e semianalfabeta delle grandi migrazioni d’Oltreoceano, un’Italia ancora più diseguale e ingiusta di quella in cui oggi viviamo.

È il momento di riconoscere senza ipocrisie che, nonostante gravi errori e contraddizioni, il miracolo industriale del dopoguerra ci ha dato lavoro, benessere e istruzione. Credo sia sciocco farsi incantare dal fascino di un passato idealizzato o dalle sirene della decrescita felice, perché non c’è felicità senza benessere e non c’è benessere senza lavoro e produzione.

Non si vive di assistenzialismo, non si può vivere di reddito di cittadinanza. Quello di cui il nostro Paese e il Sud hanno bisogno è solo una cosa: il lavoro. E chi crea lavoro e benessere sono solo le imprese. Il progresso tecnologico e industriale ha dato all’umanità una disponibilità di beni e un’aspettativa di vita inimmaginabili appena un secolo fa. E questo è un fatto innegabile.

Certo, sono stati compiuti molti errori. Come in ogni umana attività, anche nell’attività industriale si sbaglia e si corregge il tiro. È così che procede la storia. Per questo oggi il mondo della produzione si sta sforzando per ridurre il suo impatto ambientale.

La manifattura si impegna nel riciclo e nel riuso per limitare il consumo di materie prime. L’edilizia punta sulla rigenerazione delle città, senza più aumentare il consumo di suolo. La gestione del personale mira alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. L’industria oggi assomiglia molto più all’ideale di Adriano Olivetti che a quello di Ford. Nel frattempo con l’intelligenza artificiale si affacciano nuove prospettive e nuove incognite. Probabilmente cambieremo, cresceremo e sbaglieremo ancora, ma non possiamo fermare la storia.

In noi «non c’è che futuro», come diceva Adriano Olivetti. E per questo noi continueremo ad andare avanti e continueremo a fare grande il nostro Paese.

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