Qualche tempo fa, su queste pagine, indicai San Nicola come garante della legalità e ne tirai filialmente l’abito, la «casula» vescovile, per segnalare lo stallo di un’immane tragedia, la guerra combattuta a due passi da noi. Individuai in un segno lapideo presente sulla facciata della Basilica, il «cubito» barese, la traccia da seguire per operare sulla strada della legalità che il Santo ha sempre indicato alla Comunità che Lo ospita. La costante attenzione dei fedeli consentirà di scoprire sempre nuove modalità della presenza del Taumaturgo, del Suo amore e della Sua attenzione per il Suo territorio perché le sorprese che ci riserva Nicola sono tante ed imprevedibili. Basta cercarle non solo tra le pietre ma dappertutto, ad esempio sul bellissimo pulpito ligneo presente in Basilica che, peraltro, mi offre qualche spunto di riflessione su altro tipo di guerra.
L’ininterrotta sequela degli incidenti stradali propone immagini di tragedie immani, di vite spezzate, di rottami informi facendo riaffiorare ricordi e recriminazioni, pesante fardello sulle nostre coscienze. Non ho dati e non ho date. Forse sbaglio ma a me sembra che dall’ultimo schianto di un veicolo contro il pannello luminoso informativo posto, a Bari, sulla rotatoria tra la SS100 e via Conte Giusso, dopo la sua distruzione, gli schianti siano finiti. Pannelli che, specie per la loro posizione, più che informare attirano un’attenzione che non compete loro. A cosa servono la data, la temperatura, l’orario forniti dal pannello visto che in tali informazioni siamo immersi fin dall’inizio delle nostre attività giornaliere? Forse sapere che il 4 aprile si festeggia S.Didimo ci cambia la giornata? Perché non spostarli altrove? Osservo come, da tempo, in ambito «sicurezza stradale» prevalga la «Cultura della colpa» che sembra avere il sopravvento sulla «Cultura della prevenzione».
I miei studenti ricordano quando spiegavo che il rifiorire dell’industria giapponese, dopo la tragedia nucleare, ed il successivo suo prevalere a livello globale, dipese da un modo di pensare diventato «religione». E non è un caso che, nel recente convegno tenuto a Bari dalla rivista «Sinergie», si sia notata la scomparsa della parola «Qualità» sostituita da «Sostenibilità» probabilmente nell’ottica di chiamare con parole nuove cose delle quali è impossibile sbarazzarci.
Mi conferma questo cambiamento il prof. Claudio Baccarani, professore emerito dell’Università di Verona, tornato a Bari in occasione del convegno. Con la «Cultura della colpa» in sicurezza stradale è relativamente facile operare: «l’errore», una volta commesso, va perseguito. Per operare, invece, in «Prevenzione» è necessario immaginare i numerosi «errori» possibili per eliminarli prima che si realizzino.
Un esempio? Lo svincolo sulla SS100, uscita Cellamare, sul quale è quotidiana l’inosservanza di regole fondamentali del Codice della Strada: sono numerose le auto che si avventurano, contromano, per guadagnare qualche metro e qualche spicciolo di secondi, assecondate da una segnaletica verticale e dalla conformazione dell’insieme da rivedere. Aspettiamo l’incidente (cultura della colpa) o interveniamo con le necessarie correzioni (cultura della prevenzione)? Anche le rotatorie possono essere citate in questo contesto in quanto spesso non sono progettate a norma. Cosa pensare di quella presente sulla circonvallazione di Valenzano all’incrocio con via Capurso? Un manufatto realizzato con bottiglie di vetro immerse nel cemento, utilizzate certamente in maniera simbolica, ma in disaccordo sia con le norme sulla sicurezza (non solo stradale) sia con le regole del «riciclo perfetto del vetro», frequentemente riproposte in tv in questi giorni. «Da Trieste in giù» dice il refrain che però non dice fin dove. La legalità per S. Nicola è un concetto ampio e la Sua «casula» riesce a coprire anche la sicurezza stradale. Su una formella in legno dell’antico pulpito della Basilica è presente un bellissimo dipinto di S. Cristoforo con sulle spalle il Bambino che volendo attraversare il fiume (stradale) teme le acque tumultuose (del traffico). Un tempo una calamita, sul cruscotto metallico delle nostre autovetture, raccomandava sommessamente di «non correre».
Oggi S. Cristoforo in auto non c’è più ma possiamo raccoglierne il monito in Basilica. Cerchiamolo.