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Industria e sostenibilità: nessuno può farcela da solo serve un approccio europeo

 
Giovanni Lagioia - Direttore Dipartimento di Economia, Management e Diritto dell’Impresa - Università di Bari

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Giovanni Lagioia - Direttore Dipartimento di Economia, Management e Diritto dell’Impresa - Università di Bari

Industria e sostenibilità: nessuno può farcela da solo serve un approccio europeo

E l’Università di Bari «sforna» le nuove professionalità legate a innovazione e ambiente

Sabato 08 Luglio 2023, 13:00

A commento dell’intervento in Assolombarda della Premier Giorgia Meloni, leggo sulle pagine del vostro quotidiano un interessante confronto sull’impostazione che si vuole o meglio, che si dovrebbe, imprimere alla politica industriale del nostro Paese. La nostra Premier, infatti, interviene sulla sostenibilità ambientale sottolineando l’importanza di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze ambientali, economiche e sociali (con i costi correlati) e le necessità delle imprese.

A tal proposito, reputo condivisibile il chiaro messaggio circa l’impossibilità di smantellare il sistema industriale al fine di soddisfare un solo aspetto ovvero quello tanto dibattuto della sostenibilità ambientale. Un mestiere che si complica quello dei manager e degli imprenditori, ma direi di tutti coloro che tra gli enti privati e pubblici hanno la responsabilità di condurre o indirizzare le attività economiche, considerato che non è affatto agevole raggiungere il bilanciamento già menzionato.

Peraltro, nessuno nega l’importanza dei principi ispiratori della cosiddetta transizione ecologica e cioè la imprescindibile necessità di realizzare un radicale cambiamento di progettazione, produzione e consumo di merci e servizi. Il dibattito su questi temi è globale e molte sono le teorie proposte, gli investimenti realizzati, le innovazioni (organizzative e di processo) implementate, notevole e corposa è la comunicazione aziendale su tali aspetti.

Tuttavia, i cambiamenti effettivamente realizzati non sono all’altezza delle aspettative proprio per la difficoltà di tradurre i principi in concrete azioni manageriali che si mantengano in equilibrio tra i concetti teorici inerenti alla sostenibilità (ambientale, economica e sociale). Emerge dunque un grande interesse o meglio una grande necessità a cambiare i modelli organizzativi e i principi ispiratori delle politiche industriali a cui si contrappone una evidente difficoltà di realizzazione.

Peraltro, la produzione normativa e gli strumenti di analisi ai quali deve attenersi una platea sempre più ampia di operatori economici impongono autorevolezza e nuove figure professionali. Penso ad esempio alla normativa inerente alle rendicontazioni non finanziarie, al sistema delle certificazioni attestanti le performance economico-ambientali delle aziende - sempre più richieste per la partecipazione ai vari bandi (accesso ai finanziamenti, forniture pubbliche etc.) -, alle norme sulle materie prime seconde. Come dimostrano le recenti discussioni in seno all’Unione Europea, si tratta di elementi in costante e continua evoluzione sull’industria del riciclo, che diventerebbe del riuso (penalizzando l’industria italiana), oppure su quella delle fonti di energia, in particolare dei carburanti con penalizzazione, anche in questo caso, dell’industria nazionale a seguito dell’esclusione dei biocarburanti dal novero delle soluzioni della mobilità green. Non vi è dubbio che tale processo di transizione possa determinare non pochi mutamenti nell’attuale assetto industriale con vantaggi per alcuni e svantaggi per altri e di come sia urgente adottare un approccio globale per evitare ricadute negative in termini di competitività soprattutto nel confronto con le altre aree mondiali che dimostrano una minore sensibilità verso l’equilibrio della triade della sostenibilità (ambientale, economica e sociale).

Condivido l’impostazione del Presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana, sulla necessità di un auspicabile approccio europeo al percorso di trasformazione del sistema economico verso la sostenibilità. Infatti, è pressoché surreale che il singolo imprenditore, ente territoriale, paese possa produrre da solo risultati significativi. L’obiettivo finale necessita senza dubbio di una sperata condivisione globale.

Diventa quindi centrale la convinzione di tutti gli attori economici nel perseguirlo e ciò deve rimettere al centro le persone sia in riferimento al loro ruolo attivo (assumendo cioè decisioni capaci di mantenere in equilibrio lo sgabello a tre gambe della sostenibilità) sia nel loro ruolo passivo (subendo un minor numero di effetti sociali negativi). Sarà possibile ottenere questi risultati agendo in sinergia con il territorio e monitorando costantemente le esigenze ad esso correlate. Tra queste ultime emerge la necessità di formare e coinvolgere nei processi decisionali figure professionali adeguatamente preparate.

Ne avrà maturato una buona convinzione Sergio Fontana quando predisponeva la sua prolusione per il conseguimento honoris causa della Laurea Magistrale in Innovazione, Governance e Sostenibilità dell’Università di Bari Aldo Moro. Si tratta di un nuovo corso di studio attivo presso il Dipartimento di Economia, Management e Diritto dell’Impresa che si accinge a immettere nel mercato del lavoro proprio le professionalità in tema di gestione della sostenibilità (ambientale, economica e sociale) qui menzionate. Tra una decina di giorni il laureato n. 1, Sergio Fontana, accoglierà i laureandi del corso di Laurea Magistrale in Innovazione, Governance e Sostenibilità presso la sede barese di Confindustria dove si svolgerà la sessione di discussione degli elaborati di tesi con relativa proclamazione, a testimonianza del collegamento diretto tra Università e Mondo del lavoro. Un collegamento già messo in atto con alcuni laureandi che occupano, ormai da qualche mese, posizioni lavorative emergenti nei settori di gestione della sostenibilità presso importanti operatori economici presenti sul territorio. Ad maiora, ragazzi!

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