Bari è la quinta città d’Italia per startup innovative e fra le prime dieci tecnologiche. Ma del resto della Puglia, non ne vogliamo parlare? E anche del Sud, che almeno in questo cresce a un ritmo superiore al resto del Paese. Nonostante tutto, come bisogna dire per un Mezzogiorno sempre trattato da diversamente italiano. Le startup sono quelle piccole ingegnose aziende nate da un’idea, quasi sempre giovanile, quasi sempre da un computer o da un cellulare, quasi sempre con pochi mezzi, a volte in un garage. Come in California avvenuto per esempio con Facebok o B&B. Tanto che tempo fa un gruppo di parlamentari italiani reduci appunto dalla Silicon Valley, tornò dicendo che la prima cosa da fare era creare nuovi garage da noi. Vedi tu.
Quindici ne ha testé portate la Regione a Rimini, alla principale fiera tecnologica italiana. Un lavoro che Rocco De Franchi, responsabile della comunicazione istituzionale, svolge da tempo. E mica lì il via-vai si limitava a passare chiedendo magari un dépliant. Anche lì la Puglia è stata di moda, come avviene da tempo e non solo per le startup. Frutto anche di un racconto e non di un lamento, di un occhio diverso sulle cose. I girasoli erano un fiore qualsiasi prima che ci passasse un occhio che li ha fatti diventare Girasoli. Era l’occhio di Van Gogh. E i manifesti stracciati sui muri delle città erano manifesti stracciati finché non ci è passato un occhio che li ha fatti diventare opere d’arte. Era l’occhio del calabrese Mimmo Rotella.
La speranza è che qualche parlamentare non dica ora che bisogna cambiare gli occhi agli italiani. Ma le startup sono il sistema rapido per restare al Sud, quella «restanza» che l’antropologo Vito Teti ha descritto come una passione e non una sconfitta. E dedicata a tutti quelli che sognano di vivere e lavorare (d)al Sud è stata una vibrante due giorni un paio di settimane fa a Bari. Quando il creativo Cristiano Carriero, tornato a casa dal resto del mondo, ha fatto risuonare il «mare a sinistra». Un progetto di ritorno al Sud raccontato anni fa in un libro, appunto con l’Adriatico a sinistra di chi scende dal Nord.
Al Sud dove «si può», lo sapevamo? Lo sanno tutti quei giovani, uno su due, che vanno a studiare al Nord perché qui non si può? L’avessero fatto, perché così si fa, anche le startup di Rimini, oggi avremmo in Puglia una ricchezza in più fuori e un ingegno in meno dentro. Così un ingegnere come Paride Papathanasiu, ora 32 anni, non sapendo che qui non si può, può inventarsi a Ceglie Messapica (Brindisi) una piccola rivoluzione. Un sistema di traduzione simultanea in 103 lingue grazie a una cuffia non sull’orecchio a rischio rintronamento, ma fra mascella e mandibola: a «conduzione ossea».
Avessero ritenuto anche tre ingegneri di Soleto (Lecce) che al Sud «non si può», non sarebbe nata al Sud la prima mano bionica al mondo completamente adattiva. Niente tastini, contorsioni, sghembe contrazioni, ma le dita che si adattano immediatamente alla forma e alla dimensione degli oggetti impugnati. Per le disabilità, un brivido di felicità. E a chilometro zero, impulsi direttamente dal cervello alla mano. E un giorno che due ingegneri tarantini si incontrano, nasce al Sud, dove non si potrebbe, un rilevatore ambientale capace di far vivere meglio a scuola, sul lavoro, a casa. Snidando immediatamente umidità, anidride carbonica, polveri più o meno sottili, radioattività da radon, insomma nemici invisibili.
Avessero deciso a prescindere che al Sud «non si può», non avremmo avuto le altre startup fra etichette elettroniche, digitalizzazione della pubblica amministrazione, sanità, formazione, consulenza, ingegneria, film brevi che hanno lasciato tracce a Rimini. Alla fiera «We make future», facciamo il futuro, traduttore a parte. Ma sai, in questi stessi giorni, la Farmalabor di Andria presenta la prima stampante 3D italiana per produrre farmaci su misura. E il titolare Sergio Fontana è uno che a suo tempo fece il mare a sinistra e tornò, per fortuna sua e del Sud. Dove devono essere dei pazzi, perché non si può. Ma fatto sta che un altro giovane visionario barese ne ha inventata una, di stampanti 3D, che è tanto la più precisa al mondo da essere ricercata ovunque. E da avere programmi di crescita del 100 per cento all’anno.
L’Italia deve partecipare al G7 dei trasporti in Giappone, e chi ci mandano a rappresentarla? La Mermec di Monopoli, che dà sicurezza alle ferrovie e alle metropolitane di tutto il globo. Da Monopoli, altra landa dove non si potrebbe, per carità.