Trarre profonde conclusioni politiche dal modesto voto Comunale di domenica e lunedì somiglia un po’ all’arte, proverbiale, di cavare il sangue dalle rape. E per più di un motivo. Innanzitutto, in ballo non c’erano né Milano né Roma né Napoli, cioè le tre «capitali» dell’Italia politica che realmente risentono degli accadimenti nazionali. Ma, se è per questo, non si sono aperte le urne nemmeno a Torino, Bari e Palermo. Con l’effetto di rendere il voto locale davvero locale, molto ancorato alle alchimie del posto e «vittima», per così dire, delle storie che fanno storia a sé (e senza passare alla Storia, quella con la maiuscola).
Nel quadro picassiano che emerge dalla selva di Comuni e micro-Comuni al voto, si distingue la sensazione che i partiti di governo abbiano sostanzialmente tenuto, con qualche picco e qualche calo, e che il Partito democratico pure abbia dato prova di essere in partita. Rovescio della medaglia: l’onda spazzatutto della destra invincibile non c’è stata e d’altra parte l’effetto Schlein, che pure esulta, non ha ribaltato il sentire politico dell’elettore italico. Ma davvero è il caso di emettere tali sentenze? La sola certezza è che il vero test di midterm per saggiare la tenuta dell’esecutivo e mettere alla prova la tempra corsara degli oppositori saranno le Europee del 2024: un voto tradizionalmente «libero», fluttuante, puramente politico, poco inquinato dalle clientele. Solo allora ci capiremo qualcosa di più.
Oggi siamo a livello di una amichevole in vista del campionato. Ma, come insegnano quelli che di calcio ne capiscono, pure dalle partitelle si può carpire qualcosa. Ad esempio le capacità di «sfondamento» del «campo largo» cioè il composto politico che mette insieme Partito democratico e Movimento 5 Stelle. Anche qui l’analista sbanda un po’: vittoria a Teramo (ma era una riconferma) e flop notevole a Pisa e Brindisi, in un quadro generale che sostanzialmente boccia l’intesa giallo-rossa. Quindi che futuro può avere l’ircocervo dei progressisti? L’idea, in teoria, continua ad essere valida. Da una parte il Pd formato Schlein che, a dispetto dei proclami, continua a rimanere un partito «americano» (Bertinotti dixit), appiattito sull’establishment euro-Nato e realmente vibrante solo sul tema dei diritti civili e, un passo indietro, dell’ecologia. Dunque, un movimento di quelli che piacciono al ceto medio (più o meno) riflessivo, ai garantiti, alla bella gente della Ztl, soprattutto del Centro-Nord. Sarà un luogo comune, ma, come tutti i luoghi comuni, anzi Comuni, è sostanzialmente vero. Dall’altra parte, il Movimento 5 Stelle - che tradizionalmente alle amministrative balbetta parecchio e questa volta forse più delle altre - ha da offrire, a compenso, una vocazione pienamente sociale e meridionalista, corredata da una tensione pacifista che agli elettori di sinistra piace, e non poco. In sintesi, il campo largo è l’armocromia arcobaleno più il reddito di cittadinanza. Un capolavoro politico, se la mettiamo a livello di fusione fredda. Ma sfortunatamente in politica non è la somma che fa il totale, per parafrasare Totò. O due più due non fa necessariamente quattro, per richiamare il meno nobile (in quanto russo) Dostoevskij che immaginava, ogni tanto, potesse far cinque. E invece spesso fa tre o addirittura meno come insegna la lezione brindisina. Che non sarà probante ma comunque riporta sotto i riflettori la questione dei destini progressisti. Cosa faranno Elly e Giuseppe Conte non è chiaro, ma se la cartina tornasole è quel piccolo Comune toscano, Campi Bisenzio, dove a darsele al ballottaggio saranno proprio Pd e M5S, allora il futuro del campo largo si annuncia più scuro del cielo di questo pazzo maggio. Il tutto, senza considerare quel Terzo Polo dai confini sfuggenti e dalle intenzioni ancor più mutevoli che, però, ha la straordinaria capacità di far parlare sempre di sé, «ingigantendosi», oltre il fisiologico, anche come tema politico.
Opposti acciacchi sono quelli di cui soffre un centrodestra che non ha problemi di alleanze ma piuttosto di classe dirigente. Al centro - dove mancano manager, esperti, personalità di alto profilo da piazzare nei luoghi chiave della gestione nazionale - come in periferia dove il toto-nomi è sempre il tormento principe. Se trovano il candidato e si compattano, allora se la giocano quasi dappertutto. Se non lo trovano e si avvitano - inaugurando la solita lotta dei poveri fra veleni e mezzi candidati (Bari docet) - per gli altri si aprono praterie ventennali.
Alla fine della giostra, le Comunali hanno confermato le domande e rinviato le risposte. E non poteva essere diversamente. Ora tocca ai ballottaggi, poi la palla tornerà alla quotidianità romana. Per i primi verdetti ci vediamo alle Europee.