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La strage di Torremaggiore: oltre la «ferita» personale c’è una lacerazione sociale

 
Nunzio Smacchia

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Nunzio Smacchia

La strage di Torremaggiore: oltre la «ferita» personale c’è una lacerazione sociale

È uno spettacolo della morte, la sottile seduzione del delitto che cicatrizza le passioni e le emozioni

Sabato 13 Maggio 2023, 14:00

Come il mondo cambia in tutti i suoi aspetti, anche il delitto si modifica e muta l’animus criminale delle sue modalità esecutive. Lo dimostra il duplice omicidio di Torremaggiore, dove si è alzato il tiro per la prima volta in ordine alla rappresentazione del male e dell’orrore familiare. L’ennesimo orribile omicidio di una figlia uccisa dal padre e di uno pseudo amante eliminato da un marito in preda a un delirio di pura gelosia dimostra che il delitto fa un balzo in avanti nella sceneggiatura assassina: non ci si limita più solo a uccidere, ma narcisisticamente si riprende tutta la scena omicidiaria, come fosse una ripresa cinematografica alla Quentin Tarantino, nei cui film gli stati d’animo e l’orripilante non mancano mai.

È una forma di quotidianità intrisa di sangue, di una dimensione distruttiva che non genera più spaesamento o incredulità, ma solo un «gesto» che esula dalla comprensione umana; ormai la ricerca del sublime e del crimine sembra caratterizzare particolarmente la società contemporanea. Il misfatto attualmente è purtroppo una trama nella vertigine del contemporaneo e assicura in modo solido e variopinto la fascinazione per la violenza. Segna un passaggio da una macabra ritualità passiva, a una più dinamica e presente, oltre che il filmica.

È uno spettacolo della morte, la sottile seduzione del delitto che cicatrizza le passioni e le emozioni. C’è un mutamento profondo nella ricerca del sublime attraverso la nefandezza che segna la nuova linea di un mutamento più profondo, le cui ragioni sono da ricercare nella prurigine del grande salto, che sovrasta l’interazione dei sentimenti e il suo spazio. L’oscenità di Torremaggiore raffigura la perdita di gran parte delle regole, dei codici e delle narrazioni che hanno tenuto insieme la società civile.

I confini definiti tra bene e male, la morale, la legge e molte delle «strutture» della società contemporanea sembrano vivere in una fase di perdita di solidità in una rappresentazione collettiva, i cui limiti si sono persi dietro i nuovi scenari di comportamento. Non esistono più precetti di sentimento, ma solo uno scatenamento incontrollato delle emozioni represse e mal gestite; è in atto nella psiche umana una fragilità dell’esistenza percepita come irrefrenabile e morbosa, legata essenzialmente al crimine: si è “sdoganato” così un primo elemento distintivo legato all’inespresso. Questa trasformazione è diventata evidente in diverse sfaccettature della società, i cui tratti edonistici hanno rotto i confini della temperanza, per sconfinare nell’eccesso. Il dato nuovo e allarmante dell’episodio del duplice omicidio è la mancanza non tanto di contenimento degli impulsi, quanto di un 2 godimento diverso dal piacere che ha pervaso la mente assassina, spingendola verso uno stato di repressione nevrotica, quasi psicotica. È una caccia sentimentale che coinvolge lo spettatore in una trasgressione inusuale. Filmare le azioni delittuose è come entrare nell’immaginario, vivere la morte in diretta e l’irruzione del male in un momento qualunque.

Tutta la drammaturgia delittuosa è figlia “della società dello spettacolo”, vissuta in chiave emozionale e l’immagine traumatica è la prova dell’imperversare dell’immaginario della nostra società. È un salto nella qualità ostile della realtà: una sorta di patina estetica della negatività del male, attuata in una forma di “derealizzazione” dell’orrore. Il crimine, dunque, è innanzitutto qualcosa che c’è, in secondo luogo può sembrare un qualcosa che va “oltre”, nella sfera dell’inspiegabile, un buco, un vuoto di senso. Il fattaccio di Torremaggiore è da esplorare emotivamente non più come una ferita personale, ma come una lacerazione della società.

L’eccitazione che se ne ricava vedendo quelle scene brutali in diretta e la sensazione di vivere il limite costituiscono il punto di partenza sulla pervasività della violenza nella società attuale.

Una gratificazione spesso riguardante il consumo, che porta a una progressiva mercificazione del crimine offerta sul mercato dei media e della comunicazione.

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