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Il sistema-partiti sempre più lontano dai cittadini

 
Roberto Calpista

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Roberto Calpista

Il sistema-partiti sempre più lontano dai cittadini

I dati definitivi dell’affluenza nei 1.882 comuni per le regionali di Lombardia e Lazio confermano un dato triste: ha votato il 40% (rispetto al 70,63% alle precedenti omologhe, quando pure si votò in un solo giorno)

Martedì 14 Febbraio 2023, 14:05

Adesso dobbiamo fare una riflessione, anzi più d’una. Devono riflettere i dirigenti nazionali e locali, attuali e «in divenire» del Pd per l’ennesima mazzata di quelle che nemmeno su un ring di boxe si vedono più; devono riflettere i vincitori del centrodestra che hanno eletto i neo presidenti di Lazio e Lombardia con un voto a favore ogni 6/7 aventi diritto, roba da rappresentanti di scala in un condominio. Devono riflettere i politologi dai cachet pesanti che hanno confermato di non aver capito nulla dell’astensionismo.

Un tempo si diceva, per mettere una pezza, che il «non voto» sarebbe fisiologico nelle democrazie mature, salvo poi non riuscire a motivare perché vi sarebbe proprio ora un’accelerazione perfino vertiginosa del fenomeno. A tutt’oggi nessuno ha osato argomentare che abbiamo improvvisamente raggiunto la maturità democratica: questo, almeno per il momento, ci è stato risparmiato. Quindi gli analisti si sono fiondati su altre tesi. Per esempio che il disagio economico e sociale è alla radice dell’astensionismo. Bene, ma se le urne vengono disertate in massa in due tra le Regioni più ricche ed evolute d’Italia, qualcosa non quadra.

Smontata anche la tesi delle sinistra che di solito ne esce avvantaggiata, dal momento che le mazzate ai dem sono state al top.

I dati definitivi dell’affluenza nei 1.882 comuni per le regionali di Lombardia e Lazio confermano un dato triste: ha votato il 40% (rispetto al 70,63% alle precedenti omologhe, quando pure si votò in un solo giorno). In Lombardia (1.504 comuni su 1504) l'affluenza è stata del 41,67% (nel 2018 era al 73,11). Nel Lazio (378 comuni su 378) del 37,2% (66,55%). Con un crollo verticale a Roma (33,11%, contro il precedente 63,11%). Già alla vigilia di un voto dal finale apparentemente scritto con una vittoria del centrodestra sia in Lombardia che nel Lazio, era l’astensione lo spettro più temuto. Insieme al rischio di scombinare i rapporti di forza fra i partiti della coalizione di governo e con qualche riflesso pure sulle opposizioni, per accelerare alleanze e strategie di sopravvivenza. Complimenti all’astrologo, perché - non ci voleva molto in verità - si è avverato tutto. Il centrodestra fa il pieno pur con poche preferenze e nel contempo si scombinano le carte dell’alleanza anche all’ombra della Madonnina dove la Lega non sfonda a vantaggio di Fratelli d’Italia e non scalda i cuori nemmeno il primo ok alla riforma dell’autonomia scritta dal ministro Calderoli, concesso dal governo a ridosso delle regionali.

E le opposizioni? Dem e 5Stelle, ancora una volta sono costretti a leccarsi le ferite dell’autoflagellazione. Con il Pd alle prese con un rinnovo interno che scalda gli animi quanto una maglietta di cotone sulla Marmolada e i grillini, o «contiani» che dir si voglia, che rischiano la «campanizzazione», che vuol dire «partito» che non va oltre i confini di alcune regioni del Sud.

Al fondo c'è qualcosa di più. Bisogna ragionare sul fatto che l’astensionismo dilaga non solo in Sicilia e in Calabria ma anche dove non tantissimo tempo fa si recava alle urne oltre il novanta per cento degli elettori. Si astengono cittadini che prima consideravano il voto tra i diritti e doveri fondamentali. Se oggi questo elettorato non partecipa significa che non si trova più rappresentato. Vince l’antipolitica; rappresentanza politica e mondi sociali non riescono a incontrarsi e si muovono su logiche non convergenti. Altro che populismo, è frattura tra Palazzi del potere e chi del potere è ormai convinto di essere vittima.

Tanti fattori, probabilmente, confluiscono: la caduta delle narrazioni e lo svuotamento delle ideologie, lo scarso appeal dei candidati e un livello mediamente basso, l’incapacità di comunicare efficacemente, la confusione e la casualità dei programmi. Ma anche, forse soprattutto, le mille difficoltà dell’uomo «comune» nella vita di ogni giorno. Tutti fatti noti che assommandosi e intrecciandosi provocano l’implosione.

Una crisi che colpisce a destra, a sinistra, al centro. Detto altrimenti un pezzo grande degli elettori, di qualsiasi simpatia, non si trovano più rappresentati, compresi, aiutati, incoraggiati. E a questo punto recarsi ai seggi elettorali può essere solo una seccatura. Peccato che il non voto, anche se massiccio, non viene tenuto in minimo conto dal sistema dei partiti, fatta eccezione per qualche parola di circostanza. A proposito di riflessioni, come ha detto qualcuno, «anche se gli elettori fossero tre in tutto, i partiti se li spartirebbero in percentuale per stabilire vincitori e vinti». Infischiandosene degli assenti: sono loro che alla fine hanno sempre torto.

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