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Bari 2023, il salto di qualità passa da turismo, lavoro, mare e costa da valorizzare

 
Ninni Perchiazzi

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Ninni Perchiazzi

Bari 2023, il salto di qualità passa da turismo, lavoro, mare e costa da valorizzare

Sviluppo, visione, crescita, non possono fare a meno delle infrastrutture, la cui implementazione, da sempre evocata ma mai abbastanza sostenuta

Mercoledì 11 Gennaio 2023, 13:23

Il mare e la costa, il turismo e le infrastrutture, sono sfide e simboli complessivi della rinascita post pandemia, e non solo, di Bari e  dell’area metropolitana, sullo sfondo di vertenze di lavoro, numerose e preoccupanti. Il 2023, al netto di venti di guerra mai sopiti, crisi economica montante e pericolosi colpi di coda del Coronavirus, può rappresentare un punto di svolta sia del capoluogo che ambisce a pensare sempre più in chiave europea, sia del suo territorio, da anni intento a scalare posizioni in termini di attrattività economica, culturale e sociale.

Così, inizia a configurarsi il disegno della ricucitura del rapporto tra Bari e il mare, il grande mosaico con vista sull’Adriatico pensato per ricreare antichi rapporti e rinnovate visioni, trasformando il capoluogo da una «città con il mare» a una «città di mare». È la mission a cui si è votato il sindaco Antonio Decaro nel suo secondo mandato. Già nei prossimi mesi, è previsto l’avvio dei cantieri per la riqualificazione del waterfront della città vecchia (21 milioni), a fare il paio con l’operazione Costasud, il piano varato da Palazzo di Città (complice l’azione propulsiva targata Confindustria Bari-Bat) corroborato dai 75 milioni del Pnrr.

Il progetto è mirato a dare vita a un grande parco urbano, 40 ettari da recuperare, rigenerare e destinare a verde con la funzione di cerniera tra mare, campagna e quartieri, in attesa che il retro costa venga liberato finalmente dalla schiavitù della strada ferrata, grazie ai cantieri del «nodo ferroviario», l’altra grande opera in via di realizzazione.

Valorizzare, tutelare e rilanciare gli oltre 46 km di litorale oltre a riallacciare il legame del capoluogo con l’Adriatico - al quale il territorio ha storicamente  voltato le spalle - significa anche contemperare le esigenze tra il rilancio dell’embrionale vocazione turistica, l’ambito sviluppo economico e il recupero urbanistico e sociale. In particolare, i numeri delle presenze di visitatori a Bari e dintorni, specie in questi ultimi mesi, non possono che far gonfiare il petto, ma necessitano di ulteriori supporti in tema di qualità e visione affinché si possa compiere il necessario salto di qualità.

 In altre parole, occorre uno sforzo concreto per andare oltre l’immagine, un tempo folkloristica, oggi iconica e «acchiappa like», della terra della focaccia e della birra. Per durare nel tempo e dare credito ai lusinghieri (non si sa ancora quanto spontanei) apprezzamenti di riviste specializzate come Lonely planet.

Organizzazione, programmazione, strategia devono sopravanzare, una volta per tutte, buona volontà, improvvisazione e spesso furbizia, espressione di una sorta di fenomeno ben diffuso in regione (dal Salento alla Valle d’Itria), dove a luoghi incantevoli, cultura millenaria e prodotti enogastronomici di assoluta qualità, sovente fa fronte una gestione mirata a cogliere l’attimo, ma senza prospettiva alcuna.

Sviluppo, visione, crescita, non possono fare a meno delle infrastrutture, la cui implementazione, da sempre evocata ma mai abbastanza sostenuta. A partire dallo sblocco dell’iter della variante della Statale 16, la bretella che consentirà di bypassare parte della tangenziale di Bari decongestionando fino a Mola uno dei tratti stradali più trafficati (ed incidentati) d’Italia.  Si attende il via libera da Roma - il progetto è al vaglio del Consiglio superiore dei lavori pubblici -  in modo da avviare conferenza di servizi, progettazione e cantieri. La futura strada a sei corsie, opera ritenuta di importanza strategica nazionale, è frutto di un lungo ed articolato confronto con Ministero, Regione Puglia e Comuni - Bari, Mola, Triggiano e Noicattaro - conclusosi a giugno 2019 con il via libera da parte di tutte le municipalità coinvolte. Il progetto già finanziato con 250 milioni (i costi sono lievitati a oltre 600 milioni), rischia di fare i conti con burocrazia e carte bollate, compici una molteplicità di soggetti spesso portatori di interessi altri per nulla coincidenti con i valori dell’ambientalismo. E con qualche amministrazione comunale paradossalmente schierata in prima linea contro progetti per i quali ha dato il via libera in sede ufficiale e istituzionale.

Last but not least, la grande vertenza lavoro dell’area metropolitana alle prese col dramma testimoniato da 16 tavoli di crisi, il 10° posto in Italia per ore di cassa integrazione, 335mila inattivi - tra cui un numero esponenziale di giovani Neet (tra i 15 e i 29 anni non occupati né inseriti in un percorso di istruzione o di formazione) - e 45mila disoccupati. Nel mentre l’economia urbana è alle prese con la grande trasformazione industriale ed energetica: entro il 2036 si dovrà completare lo stop alla produzione dei motori endotermici, con il sistema dell’automotive e grandi imprese, come ad esempio Bosch, già oggi chiamate al cambiamento. Un’evoluzione che invece è molto in ritardo e rischia di spazzar via 8mila posti di lavoro.

Fanno da contraltare importanti aziende informatiche che puntano a rendere il Barese un importante polo nazionale dell’It (Information Technology). Basterà a garantire un futuro adeguato ai figli ancora precari e ai padri cinquantenni estromessi anzitempo dai cicli produttivi? Dare una risposta concreta a migliaia di famiglie è la vera sfida delle sfide.

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