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Il governo «nostalgico» che blocca spid, pos, cellulari ha voglia di Novecento

 
Carmela Formicola

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Carmela Formicola

Pos, limite (alto) dei contanti ed ennesima sanatoria: gli evasori fiscali ringraziano

Paura dell'era digitale? Chiediamocelo. Chiediamoci perché il nuovo governo Meloni va elaborando una serie di modifiche all'insegna del ritorno al passato

Giovedì 22 Dicembre 2022, 13:41

Avranno letto Asimov: l'intelligenza artificiale lentamente ma inesorabilmente sovverte i rapporti di forza con gli umani fino a instaurare una dittatura dei robot. Paura dell'era digitale? Chiediamocelo. Chiediamoci perché il nuovo governo Meloni va elaborando una serie di modifiche all'insegna del ritorno al passato. Meglio i contanti del Pos, meglio le ricette cartacee di quelle elettroniche. Niente Spid. Niente telefonini in classe.

Questa nostalgia del Novecento va indagata. Bisogna leggere in controluce cosa si celi nel sentimento della tecnoconsapevolezza. I tecnoconsapevoli sono una nuova categoria di scettici, quelli convinti che i nostri comportamenti e le nostre vite vengano scientificamente manipolati da tutte le piattaforme tecnologiche sulle quali interagiamo. Sono i nemici dell'algoritmo. Quelli che se gli regali Alexa la chiudono in cantina, destinati a perdersi in una città sconosciuta perché sospettano delle reali intenzioni del navigatore di bordo.

Molte persone si stanno progressivamente dichiarando pretecnologiche. L'istanza che sembra salire da ampi pezzi di società è quella di una limitazione dei nuovi strumenti che abbiamo a disposizione, di regole più rigide, di controllo.

Ciò aiuta a comprendere perché il governo abbia in animo l'abolizione di tutti quegli strumenti che hanno accorciato le distanze e velocizzato i processi, quelli che abbiamo sperimentato e apprezzato nel periodo dell'emergenza sanitaria, che ci hanno permesso di limitare la diffusione del virus pur lasciandoci completamente connessi. Perché ora tornare indietro?

Eppure per molti anni il messaggio è stato esattamente l'opposto: una pressione continua sulla modernizzazione, sulla digitalizzazione. Come il famoso spot di una nota marca di prodotti elettronici: un allevatore lucano che con il mouse sembrava volerci tosare la pecora, salvo scoprire che in realtà dal computer vendeva pecorino cheese in tutto il mondo. Uno di quei formidabili stereotipi (guardate? perfino in Basilicata sono arrivate le tecnologie) che nella testa del pubblicitario milanese di turno aveva l'obiettivo di far comprendere quanto l'innovazione avesse varcato ormai ogni confine.

Ora invece siamo al contrordine. Ma davvero le tecnologie spaventano per quell'irrazionale presentimento di senzienza? Nel 2017 l'americano David Brin, autore di fantascienza, preconizzava come imminente la prima crisi empatica robotica: «Tra un minimo di tre e un massimo di cinque anni avremo entità, nel mondo fisico oppure in quello online, che chiederanno umana empatia, che affermeranno di essere intelligenti e schiavizzate, che piangeranno e pretenderanno diritti».

Quindi abolire o limitare o irreggimentare tutti i traguardi dell'era digitale racchiude l'idea di controllare prima di essere controllati. Di scongiurare la «dittatura dei robot». O forse, più banalmente, di tornare a quel mondo «normale», almeno secondo le nostre categorie novecentesche: le file alle poste, le attese dal medico, le code agli sportelli pubblici. Le carte. I moduli compilati a mano: è questa la normalità? La lentezza, la burocrazia, talvolta il disagio. Non ultima, la domanda di sempre: ma cosa è davvero la normalità? Tema che affascina, domanda che o prima o poi si pongono tutti, dagli intellettuali agli psicoterapeuti, da Herman Hesse a Giorgia (la cantante, non la premier). Risposte? Mai realmente esaustive. Normali siamo tutti, normale è nessuno. Normale dovrebbe essere ogni evoluzione, ogni novità. Normale anche resistere alle novità.

Normale è anche una certa schizofrenia che da sempre accompagna le scelte dei governi, a prescindere dai colori. L'ultima in ordine di tempo: mentre si fa marcia indietro sul terreno digitale, la nuova misura del reddito alimentare prevede che per usufruirne si debba scaricare un'app. Che, pensando al tipo di utenza interessata, sicuro che tutti abbiano smartphone di ultima generazione? E di tutto il ritorno al passato, non è il caso di salvare le care vecchie mense dei poveri?

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