Martedì 09 Settembre 2025 | 00:05

Ecco come non sbattere il mostro in prima pagina

 
Michele Partipilo

Reporter:

Michele Partipilo

Palazzo di Giustizia di Bari

Palazzo di Giustizia di Bari

Negli ultimi mesi è tornato di grande attualità il tema della giustizia spettacolo e, più in generale, del rapporto fra processo penale e informazione.

Martedì 20 Dicembre 2022, 21:26

21 Dicembre 2022, 17:38

Negli ultimi mesi è tornato di grande attualità il tema della giustizia spettacolo e, più in generale, del rapporto fra processo penale e informazione. Un peso l’ha avuto la cosiddetta «riforma Cartabia», soprattutto attraverso la nuova normativa sulla presunzione di innocenza. Ma un peso l’hanno avuto anche le «normali» vicende giudiziarie, trasformate però dai media in casi eccezionali e, troppo spesso, spettacolari. Sicché si spiega l’ondata di pubblicazioni su un campo già arato in passato a partire dal fondamentale (e citatissimo) Processo penale e informazione del prof. Glauco Giostra.

Nel Pantheon dei testi mandati in libreria un posto di primissimo piano è occupato dal volume collettaneo Informazione e giustizia penale – Dalla cronaca giudiziaria al «processo mediatico» per i tipi dell’editore barese Cacucci, sempre attento al mutare dei venti e dei tempi. Il ponderoso testo (678 pagine, 65 euro) è curato dal prof. Nicola Triggiani dell’Università di Bari che si è avvalso di esperti di prim’ordine nelle singole questioni affrontate nell’ambito del vasto e quanto mai controverso tema generale. Citiamo a mo’ di esempio – ben sapendo di fare torto agli altri – la prof. Marina Castellaneta; la prof. Giulia Mantovani; il prof. Francesco Perchinunno; il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani; Renato Nitti; la professoressa Maria Vittoria dell’Anna e, perché no? Anche un giornalista: il collega Luigi Ferrarella del «Corriere della Sera».

Il volume risulta quanto mai interessante e non solo per lo studioso del diritto. Con linguaggio per una volta carico dei soli tecnicismi indispensabili affronta i mille aspetti presenti nel singolare rapporto fra l’amministrazione della giustizia e l’informazione giornalistica. Un rapporto quasi sempre conflittuale, ma che talvolta diventa «collaborativo» ed è forse in questi momenti che la società si avvantaggia al meglio del lavoro degli operatori del diritto quanto dei giornalisti.

Non è immaginabile che nelle attuali democrazie l’amministrazione della giustizia possa sfuggire al «controllo pubblico» esercitato dai giornalisti, in quanto «cani da guardia del sistema», in nome e per conto dei cittadini. Su questo sacrosanto principio nessuno degli autori nutre dubbi. Ciò che inquieta, che agita, che preoccupa e che alla fine richiede interventi è il modo sovrabbondante in cui l’informazione – anche a fini di intrattenimento e di spettacolo – si è impossessata delle vicende giudiziarie. Nel sistema mediatico l’attenzione è ormai concentrata per intero e molto spesso in maniera spasmodica sulla fase delle indagini, quella parte che una volta prendeva il nome di «cronaca nera» e che era ben distinta dalla confinante «cronaca giudiziaria», tanto da essere curata da giornalisti diversi con diverse sensibilità e competenze.

Questo delle competenze dei giornalisti è uno dei nervi scoperti della questione che i vari autori – ciascuno per la sua parte – non esitano a mettere in evidenza. E poiché il rilievo è comune a tutti i giuristi che affrontano il tema, sarebbe opportuno che l’Ordine intervenisse per migliorare la cultura professionale in materia di diritto e processo penali. Così come sarebbe utile una più puntuale applicazione delle norme deontologiche che i giornalisti dovrebbero rispettare. Ne fa una disamina lo stesso prof. Triggiani nel suo saggio introduttivo. Ma spesso le notizie sul processo e del processo non sono veicolate da giornalisti, sempre più spesso sono utilizzate nei pomeriggi televisivi per produrre a costi modesti ore e ore di programmazione. E su questo la deontologia dei giornalisti non può intervenire.

L’aspetto che più preoccupa, tuttavia, è dato dal cosiddetto processo mediatico, richiamato anche nel titolo del volume. Quasi sempre in tv si allestiscono «tribunali» di «esperti» e giornalisti che analizzano, senza alcuna garanzia né dal punto delle procedure né dal punto di vista della fondatezza degli elementi proposti, l’avvio di un’indagine giudiziaria. I toni, nonostante le incertezze su cui si fonda la discussione, sono sempre perentori e trasmettono all’utente un giudizio che risulterà inappellabile e sul quale nulla potrà alcuna sentenza della magistratura, a prescindere che sia di condanna, di assoluzione o di proscioglimento. Anzi, se e quando qualcuno porrà attenzione alle risultanze del vero processo, se queste non saranno in linea con il verdetto televisivo nasceranno dubbi sull’operato della magistratura e, in qualche caso, s’innescherà un nuovo processo mediatico.

In tutto questo non si può dimenticare che ne va di mezzo la vita delle persone che, appena raggiunte da un avviso di garanzia – trasformato dai media in un avviso di condanna – finiscono in un tritacarne che non risparmierà nulla della loro vita e dei loro affetti. Senza contare le possibili influenze su chi nel processo vero è chiamato a giudicare, siano essi giudici popolari o professionali. In realtà ne vanno di mezzo tutte le garanzie apprestate dall’ordinamento affinché la giustizia sia amministrata nel modo più giusto: secoli di grandi e piccoli progressi del diritto calpestati e ignorati in nome degli ascolti e dei risparmi sulla programmazione. Non a caso in uno dei saggi si sottolinea come, concentrando tutta l’attenzione mediatica sulla fase iniziale delle indagini e trasformandola in un’anticipazione del giudizio e della pena si sia tornati al Medio Evo, quando c’era l’esposizione del presunto colpevole al pubblico ludibrio. Ma da allora la civiltà giuridica ha fatto passi enormi trasformando la società da luogo di soprusi a luogo di diritti. Si tratta ora di compiere ulteriori passi per creare una civiltà nei media.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)