Una cosa balza subito all’attenzione di ogni osservatore: la endemica instabilità politica in certe realtà sovranazionali materializzatesi poi in alcuni esponenti della nostra classe dirigente con annessa etiologica debolezza causata da mancanza di accurata selezione. Tutta questa vicenda del Qatar conferma ancora una volta come ormai per molti Stati appare più importante la difesa economica che quella politica. Queste premesse peraltro si inseriscono proprio in un «ambiente» molto debole e caratterizzato da un ricambio molto ma molto anoressico senza poi dimenticare che la corruzione evidenziata ora in «Europa» si proietta funestamente nella legislazione nazionale.
Accanto ad uno scarso movimento di ricambio di rappresentanti politici si ha un proliferare di esperti lobbistici, molti ex di qualcosa, con un attivismo di azioni non certo morali ma sicuramente molto razionali e concrete. Il mondo globalizzato è un sistema altamente complesso, tale da rendere impossibile comprenderlo e gestirlo efficacemente con il modo classico di ragionare. E allora, per quanto valida, la logica aristotelica basata su una sovrastima del valore degli assiomi (per definizione non dimostrati) nella presunzione di una sua assoluta validità e universalità appare una posizione non errata in sé ma almeno in parte ingenua perché ognuno osserva i fatti inconsapevolmente condizionato dallo spirito del suo tempo e dal modello culturale in cui è immerso. Se questo atteggiamento poteva bastare nei secoli scorsi non può più funzionare in un mondo decisamente interconnesso e diventato, per questo, molto più piccolo perché i Paesi che si estendono dal vicino all’estremo Oriente e al sud del mondo (e che costituiscono la maggior parte dell’umanità) sono diventati interlocutori quotidiani dell’Occidente.
Saggezza vuole dunque che si riscopra il senso del limite. È evidente che oramai incidere sulle decisioni dei singoli Stati è un’arte che nel palcoscenico di Bruxelles trova la necessaria e opportuna sede. Il movimentare circa un miliardo di euro ogni anno con un trend sicuramente in crescita ne fanno una sede di grande interesse. Per non cadere in un pessimismo per cui «così deve andare e non ci possiamo far niente» sarebbe molto interessante per esempio che gli Stati attraverso le delegazioni territoriali si rendano disponibili in maniera chiara ad ospitare veri uffici all’uopo predisposti con l’intento di proporre e quindi incidere nei vari provvedimenti con ricadute proficue per i popoli e non servire ad un progressivo discredito di uomini e Stati. Il mercato non è certamente da sottovalutare tenendo presente che incide per non meno dell’80% nelle politiche dei panorami nazionali e che di fatto proprio Bruxelles è la sintesi delle frontiere dei 28 Stati membri molto ben evidenziata dalla pandemia del Covid. Facciamo diventare la pratica del «revolving door» porta girevole: il passaggio dalle alte sfere della Commissione alla lobby un percorso positivo e un percorso virtuoso.