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Occupazione e dati fuorvianti: ecco quello che le statistiche non dicono

 
Dorella Cianci

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Dorella Cianci

Occupazione e dati fuorvianti: ecco quello che le statistiche non dicono

Occorre sempre tener conto che questi dati sono altalenanti, descrivono un campione esaminato che va anche incrociato con altre analisi

Sabato 03 Dicembre 2022, 13:55

Qualcuno potrà restare disorientato, in queste ore, dagli ultimi dati, così ampiamente positivi, dell’ISTAT in relazione al dato occupazionale, ma occorre sempre tener conto che questi dati sono altalenanti, descrivono un campione esaminato che va anche incrociato con altre analisi. Innanzitutto i dati INPS che, al momento, confermano quanto detto dall’ISTAT, soprattutto circa il miglioramento del lavoro di qualità, a tempo indeterminato.

Peraltro oggi siamo in una fase di superamento rispetto a quella stangata della Cassa Integrazione del 2020, perché in tanti sono tornati al lavoro. Esiste però anche un mondo parallelo di cosiddetta «povertà assoluta» e di «Neet». È sufficientemente indagato questo ampio strato? Abbiamo buone analisi che approfondiscono le ragioni del mancato incontro fra la domanda e l’offerta nel mercato del lavoro? Un valido aiuto per un’efficace fotografia attuale dell’Italia e dell’Europa arriva dal report sul PIL equilibrato messo a punto dal Centro Studi di Confcommercio diretto da Mariano Bella.

CHE COS’è IL PIL-e? È ciò che si ottiene sottraendo dal prodotto interno lordo il valore di alcune esternalità. Ragionando in termini di costi marginali, perché quello che conta, ai fini di quest’analisi, è la quantità di esternalità aggiunta al margine, le principali voci riguardano le emissioni di anidride carbonica, i morti per incidenti stradali e sul lavoro, i feriti per le stesse ragioni, la copertura forestale e la variazione dei «poveri assoluti». Nel dettaglio la situazione è questa. Due i dati di rilievo nell’analisi proposta da Confcommercio. La copertura forestale offre un contributo positivo al PIL ed è composta da due diversi indicatori, quali l’assorbimento netto di CO2 da parte delle foreste, valutato al costo marginale di 62,11 euro per il 2020, e il contenimento del rischio idrogeologico e la tutela della biodiversità, per cui il beneficio, per ettaro, risulta essere di 188,21 euro al 2020 (dato su cui riflettere, dopo la recente e tragica attualità). Va altresì precisato che la copertura forestale rappresenta una variabile di stock, ma le esternalità che essa produce hanno natura di flusso che è, fisiologicamente, funzione dell’estensione delle foreste.

CHE VUOL DIRE? Ogni anno le foreste assorbono un certo quantitativo di anidride carbonica e, ogni anno, contribuiscono alla riduzione del rischio del nostro ambiente circostante (se non compromesse da fattori antropici aggressivi).

IL SECONDO DATO SU CUI SOFFERMARSI Il costo medio di una persona, in povertà assoluta nel 2020, è stato stimato pari a 1.305 euro, anche se la base di stima è il costo per «povero» in percentuale del PIL pro capite in Italia, per poi ricalcolare quello degli altri Paesi (ne sono analizzati 6: Francia, Germania, Italia, Spagna, Olanda + Regno Unito) moltiplicando tale percentuale per il rispettivo PIL pro capite: questa cifra rappresenta il costo monetario per coprire la distanza tra i consumi effettivi di un «povero assoluto» e quelli necessari per farlo uscire dalla condizione di «povertà assoluta». Il prof. Bella avverte: «Questo calcolo è impreciso e sovrastimato, poiché l’unità di riferimento dovrebbe essere la famiglia e non il singolo, ma analizzando i dati dei singoli le cose si complicano». È evidente, tuttavia, che la variazione del costo della «povertà assoluta» è un flusso da considerare per correggere il PIL. In ogni caso, andrebbe ricordato come il reddito di cittadinanza dovrebbe aver aiutato alcune centinaia di migliaia di individui a non cadere sotto la soglia di povertà. L’elemento di sorpresa è la mancata forte riduzione della povertà assoluta nel 2021, quando si è osservata solo una modestissima contrazione. Ma quale 2023 ci attende? Perché non essere più coraggiosi col mondo delle imprese, che potrebbero aiutare l’Italia a non essere più solo il Paese delle tutele passive?

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