Se andate in viaggio a Londra ed entrate in un bar per prendere un caffè, dovrete pagare con la carta di credito tramite pos. E a Parigi se prendete un taxi e volete pagare in contanti, frugando nel portafogli per contare banconote e spiccioli, vi guardano di traverso. A Roma, invece, già in questi giorni quell’affare che serve a digitalizzare i pagamenti accreditandoli sul conto corrente, è stato rimesso nei cassetti. Anzi, se chiedete di pagare col bancomat, allargano le braccia e vi dicono che non è possibile. Cosa è successo? E’ successo che il governo Meloni ha deciso di mettere nella finanziaria una cosetta che sta già cambiando le abitudini degli italiani: l’obbligo dei pagamenti digitali sarà possibile, ma solo oltre i 60 euro. Anzi, per meglio dire, al di sotto di quella cifra è possibile richiedere al cliente il pagamento in contanti senza incappare nelle sanzioni. Ma si sa, fatta la legge trovato l’inganno. E dunque, inutile dirlo, si paga solo in contanti.
Dunque, se prendi un autobus, un taxi o entri in una pasticceria dovrai portare con te il famigerato portamonete e far di conto davanti alla cassa. Se compri un abito o vai in un ipermercato per un elettrodomestico, il tuo bancomat potrà essere ancora utile. E non ne parliamo se sei fumatore: guai a pagare con la famigerata carta le sigarette! L’esercente ci rimette perché il margine di guadagno sul pagamento è inferiore alle tasse che deve pagare al servizio Pos e, dunque, niente da fare. Contanti. Come si faceva una volta. Già, le abitudini. Un tempo ci sembrava normale pagare con banconote. Ma i tempi cambiano e, probabilmente, sarebbe bastato chiedere alle banche di non mettere una «tassa» su tutti i pagamenti digitali fino ad un certo importo per non farci, appunto, ricambiare abitudini. E, invece, la novità è che l’Italia torna indietro, al tatto dei contanti, al tetto sui 5mila euro saltato per tutti i pagamenti (come richiesto dalla Lega, poi ridotto a 2mila), al portafogli con le banconote e al portamonete. Così, forse, in tempi di caro-bollette e di risparmi che vanno in fumo, ci si «sente» un po’ più ricchi a toccare banconote e contare monete. E il tassista che si è scocciato di «digitalizzare» i suoi incassi pagando un aggio allo Stato, ha meno «pratiche» da sbrigare. E il cassiere della salumeria a cui devi pagare 59 euro aprirà la cassa per tornare a contare, invece di affidarsi all’accredito in banca. E se sali a 61 vediamo, se proprio devo tiro di nuovo fuori dal cassetto quell’affaretto digitale con cui, non si sa mai, mi controllano...
La norma prevista nella manovra del nuovo governo, in realtà, sta già facendo saltare sulla sedia i dirigenti di Palazzo Berlaymont, sede del Parlamento europeo a Bruxelles. E, probabilmente, rischia di compromettere il faticoso lavoro del premier Meloni a Bali, tra strette di mano a Biden sugli armamenti all’Ucraina e foto di cerimonia con i big dei 27 Paesi, mentre la figlia Ginevra reclamava, giustamente, la mamma, per fare insieme una passeggiata tra i templi di Buddha. L’Ue, infatti, non disciplina le soglie sotto le quali è permesso il pagamento in contanti. Un regolamento, o quantomeno una direttiva, sul tema non c'è. Ma la norma che il governo ha inserito in manovra e che, appunto, alza a 60 euro la soglia oltre la quale scatta l’obbligo di accettare i pagamenti digitali con carta e bancomat senza incorrere in sanzioni, potrebbe contrastare l’impegno contro l’evasione che l'Italia ha messo per iscritto nel suo Pnrr. E, dunque, Bruxelles, sta alla finestra a guardare: un’eventuale via libera definitivo del governo alla norma sul Pos, potrebbe complicare un percorso che, da qui a dicembre, per il Pnrr italiano si presenta già in salita. Ma niente da fare, per un bel pezzo del nuovo governo deve tornare il contante nella nostra vita quotidiana. Devono tornare gli anni ’80 quando i pc erano giganteschi e i ragazzi avevano in tasca la paghetta di 5mila lire per farsi una pizza con gli amici. Torna l’Italia di un tempo, così bella e gentile nelle strette di mano davanti alla cassa invece di quel terribile, asettico mostro che solo con un tocco sul codice a barre ti fa ingiustamente pagare allo Stato. E’ l’Italia che se può risparmiare 5 centesimi sulle tasse fa a sgomitate per andare avanti. Che se può evitare di «regalare» una manciatina di tasse (quelle con cui, per intenderci, paghiamo il letto di ospedale ai nostri cari quando, disgraziatamente, finiscono in una corsia) lo fa, felice di toccare le banconote e le monete come una volta.
Era l’Italia di Poggiolini, il celebre ministro della Sanità finito sulle cronache perché metteva montagne di soldi nella tappezzeria di casa e sotto i mattoni della soffitta ai tempi di Sanitopoli. E, cronache di malaffare a parte, è l’Italia di oggi, che fa finta non esista il digitale, il metaverso, gli investimenti virtuali con bitcoin e criptovalute, quell’economia su cui un pezzo della (ormai ex) borghesia del ceto medio sta investendo per garantire un gruzzoletto ai figli. L’Italia che, con monete e banconote, si sente più tranquilla di custodire quel tesoretto in banca che, senza farsene accorgere, i distributori dei rifornimenti energetici stanno erodendo ogni giorno facendo il gesto dell’ombrello allo Stato che vuole tassare i loro extraprofitti, mentre nelle case arrivano puntuali come un orologio bollette da urlo. L’Italia che arranca e che, sul digitale, vuole starci solo per postare una foto in posa su Instagram. Perché il tatto, il colore, il profumo delle banconote – anche quando devi darle – è tutta un’altra storia.