Abbiamo chiesto un ricordo del Maroni non solo politico a Mauro Gervasini, già collaboratore de «La Prealpina» di Varese, direttore editoriale del settimanale «Film Tv» e consulente della Mostra del cinema di Venezia. Il suo nuovo libro è «Se continua così - Cinema e fantascienza distopica» (Mimesis ed.)
La vita pubblica di Roberto Maroni, ex ministro dell’Interno, del Lavoro e presidente della Regione Lombardia, non è stata solo quella politica. In verità Bobo, come familiari e amici l’hanno chiamato sin da ragazzo, o «il Bobo», come s’usa dire nel Milanese e dintorni, è stato un apprezzato musicista e un esperto di soul e rythm’n’ blues. In questa veste l’ho conosciuto molti anni fa, a un concerto della sua band, Distretto 51. La cornice un locale chiamato Splasc(h) a Induno Olona, provincia di Varese, una manciata di chilometri dal confine elvetico, legato a doppio filo all’omonima etichetta discografica specializzata in Jazz, per la quale incisero, o addirittura esordirono, stupendi musicisti quali Tiziana Ghiglioni, Luca Flores, Pietro Tonolo, Paolo Fresu. Il locale era però aperto ad altre contaminazioni, e fu appunto durante una serata dedicata al rythm’n’ blues che vidi suonare il Distretto 51 e conobbi il Bobo, diventando amico anche degli altri suoi compagni d’avventura.
Qualche tempo dopo, divenuto ministro nel primo governo Berlusconi, durante un concerto in una struttura sportiva venne immortalato con un sassofono in mano. La foto fece il giro dei rotocalchi e dei quotidiani, all’epoca presidente degli Stati Uniti era Bill Clinton e giornalisticamente troppo ghiotta appariva l’occasione di un paragone tra la sua ben nota passione per il sax e la posa del nostro ministro. Che però suonava tutt’altro, la sua passione era l’organo Hammond, strumento principe del genere musicale prediletto. Con gli amici della band partecipai a due edizioni del Porretta Soul Festival, evento creato dal visionario Graziano Uliani, folgorato sulla via di Otis Redding, nell’omonima località dell’Appennino bolognese. Nel 1993 e nel 1994: tra la prima e la seconda volta Maroni era diventato ministro dell’Interno, con quel che comporta in «diversità» di vita sociale, sempre scortato, spesso telefonicamente allertato, eppure era il solito Bobo.
Grazie a lui ho conosciuto Rufus Thomas, musicalmente e di persona, non potrò mai scordarlo o finire di ringraziarlo. Poi, ovvio, gli anni sono passati e le strade sono tornate a incrociarsi solo episodicamente, anche se nel Distretto 51 hanno continuato a suonare amici carissimi. Lui, un po’ come Jack Frusciante, non è mai uscito veramente dal gruppo, ma gli impegni istituzionali l’hanno costretto a protratte lontananze. Spero di non fargli un torto nel ricordare un concerto, in tempi più recenti, durante il quale suonò con l’Hammond silenziato: non aveva potuto provare i pezzi del nuovo repertorio ma non voleva comunque mancare all’appuntamento, credo sia anche questa una conferma della passione verace per la musica e per la dimensione live.
Infine, nel 2018, alla Triennale di Milano, partecipai a un workshop promosso dall’Università degli Studi dell’Insubria in collaborazione con il Centro Internazionale «Gianfranco Brebbia» dedicato al cinema sperimentale. Maroni era all’epoca governatore della Lombardia, si presentò per dare un saluto istituzionale ma si prese del tempo per approfondire il tema (non semplice) del convegno. Alla fine ci ritrovammo insieme agli organizzatori a discutere di mille cose diverse, dalla musica al Milan (di cui era tifosissimo) al racconto che immagini d’avanguardia avevano fatto di tempi e luoghi lombardi ormai remoti. Anche in quell’occasione, il solito Bobo.