Il PNRR adottato per la Sanità porterà, fino al 2026, novità soprattutto dopo che la pandemia ha stravolto l’assetto organizzativo e generato nella pubblica opinione la percezione del «caos». La crisi pandemica ha slatentizzato la vera piaga della Sanità pugliese: le lunghe liste di attesa di pazienti per diagnosi e, peggio, per interventi chirurgici. A questa annosa e mai risolta piaga è strettamente correlata la mobilità passiva extraregionale.
La Regione Puglia ha speso 243 milioni di euro nel 2018 e 2019 e circa 172 milioni di euro nel 2020, con una riduzione di circa 70 milioni di euro, conseguente ai mancati spostamenti a seguito delle restrizioni imposte in fase di gestione della pandemia. Una cifra enorme che, se recuperata interamente o in parte, potrebbe potenzialmente risolvere gran parte dei problemi che la generano! La Conferenza Stato-Regioni il 18 dicembre 2019 ha sancito l’intesa concernente il Patto per la salute per gli anni 2019-2021, del quale la Scheda 4 «Mobilità sanitaria» suggerisce misure risolutive quali i punti 2 e 4, in cui si fa riferimento a: specifici programmi regionali per migliorare e sviluppare i servizi in loco al fine di evitare problemi di accesso, rilevanti costi sociali e finanziari a carico dei pazienti. Per molti analisti, il PNRR «è stato elaborato senza confronto con le forze economico-sociali e le realtà territoriali, ed è organizzato secondo linee di interventi rigidamente settoriali».
Il PNRR italiano nasce «prevalentemente dall’assemblaggio di progetti cui è stata data, il più possibile, una impostazione comune nell’ottica delle grandi transizioni ecologica e digitale» (Viesti, 2022). Sono questi i due drivers su cui si sono mosse le innovazioni organizzative nel settore della Sanità, contenuti nella DGR (BURP n. 27 del 7-3-2022). Si rafforza il sistema di assistenza territoriale che ha assunto una nuova rilevanza nell’ambito dell’emergenza epidemica da Covid-19 ed il Fascicolo Sanitario Elettronico con lo sviluppo della Telemedicina. La Telemedicina rappresenterà il vero baluardo della «nuova sanità», perché coniuga al meglio le necessità di riorganizzazione delle attività sanitarie, clinico -assistenziali e di riabilitazione con il massimo livello di continuità assistenziale e di prossimità del paziente agli strumenti diagnostico-terapeutici, minimizzando il rischio di contaminazioni ed infezioni ad utenti, operatori e familiari. Sarà, inoltre, molto potenziata la fornitura tecnologica della diagnostica per immagini. La domanda che nasce è una: Il potenziamento della Medicina di Prossimità e della Telemedicina potrà risolvere il problema dei Centri ad alta complessità assistenziale che già producono, quando va bene, lunghe liste di attesa e/o fuga di pazienti verso le regioni del Nord? La risposta è no! Si è nel paradosso!
Le lunghe liste di attesa finiscono per essere un segno di buona sanità! Infatti, rispettando la libertà di scelta da parte del paziente del medico o della struttura dove farsi curare, il cittadino che ha un problema di salute si informa da chi rivolgersi! Ne consegue che, lì dove c’è una Sanità percepita come «buona», le liste di attesa si allunghino. Il PNRR quasi certamente riuscirà ad incidere «favorevolmente» sulla prima parte del bisogno di salute della gente: la diagnostica. Come anche, è verosimile che riesca a dare risposte terapeutiche immediate, efficaci ed in condizioni di sicurezza ai soggetti «fragili», invecchiati o con patologie croniche, meritevoli di assistenza continuativa nel tempo di «bassa intensità».
Ma, qualora si faccia diagnosi di «malattia» da trattare in Centri ad alta complessità, i pazienti si rivolgeranno a quei Centri che hanno già lunghe liste di attesa con l’inevitabile allungamento delle stesse e con l’aumento della mobilità passiva verso il Nord. La proposta riorganizzativa che si formula segue il modello di struttura Interaziendale, interarea e transmurale ed è del tipo «strutturale», in linea con il modello ridefinito dall'art. 17-bis del D.Lgs. n.502/92. Essa consiste nel permettere agli operatori sanitari, medici e personale di comparto, che hanno dimostrato di saper risolvere i problemi della gente di circolare liberamente nelle strutture adeguatamente attrezzate e dotate di tecnologia «rinnovata» dai fondi del PNRR.
Il principio su cui si basa è quello della «mobilità» dei medici e non dei pazienti! In sintesi, si tratta di «quel tipo di mobilità» che realizza il modello della learning organization che prevede la messa in condivisione dei saperi ed in cui ognuno ha un ruolo e non un rigido compito. Il medico che si muove trasferisce il suo know how nella struttura ospitante, la fa crescere e la mette in condizione di realizzare un setting assistenziale di maggiore complessità. I pazienti, al contrario, non si muoverebbero dalla struttura a loro prossima, curati dal medico di cui si fidano senza doverlo cercarlo fuori! Bisogna, in ultima analisi, pensare di creare «vere reti» piuttosto che «gabbie», in cui a muoversi liberamente possa essere il medico «con il suo patrimonio di saperi» e non il malato. Il sapere del medico deve essere patrimonio della comunità e non della struttura dove, in quel momento, è rinchiuso!