Gioventù bruciata? Sì, magari un tempo sprecavamo, come stigmatizza il titolo del celebre film, i nostri migliori anni montando un’aspra ribellione contro le regole e le convenzioni di una società borghese e perbenista. Ma oggi? Che fanno i nostri giovani? E come chiamarla la loro età incolore, senza futuro, senza risorse, che è quanto sappiamo consegnar loro?
Vogliamo chiamarla gioventù violenta? O come altro? È difficile trovare una etichetta che, allo stesso tempo, componga e fotografi il disorientamento, l’inquietudine e la rabbia che impastano i loro giorni e renda giustizia delle deprivazioni lasciate loro in eredità.
La rottura degli equilibri sociali e la crescita delle sperequazioni, anche se le evidenze non sono al momento un continuum, le percepiamo in alcuni fenomeni che trascorrono dalla estraneazione da ogni forma di vita (in Giappone gli hikikomori sono giovani affetti da un particolare disturbo psichiatrico che si manifesta attraverso ritiro sociale, auto-esclusione dal mondo esterno, isolamento e rifiuto per ogni forma di relazione), alla totale immersione in una pseudo vita sociale.
Su quest’ultimo fronte pensiamo con meraviglia e sgomento, per esempio, alla epopea vissuta da una baby gang fra i 14 e i 15 anni, in una città nobilissima, come Siena, che sui social imperversava contro giovani vittime coetanee, umiliate offese e derise. La tecnica? Sempre la stessa. Venivano attirate in luoghi appartati di Siena e qui subivano aggressioni fisiche e verbali riprese con il cellulare dai componenti del gruppo. Le immagini successivamente inondavano una chat di WhatsApp denominata «baby gang», oltre che altri social network.
Il fatto singolare è che protagoniste delle gesta e del gruppo fossero 10 giovanissime e che le aggressioni risalgono al periodo tra il 27 giugno 2020 e il 19 febbraio 2022, con un modus operandi sempre identico: l’entrata in scena della leader della baby gang femminile, spalleggiata e coadiuvata dalle altre, le giovani che subivano le vessazioni, le immagini o i video diffusi sui social per amplificare la gloria del gruppo.
Che c’è da meravigliarsi, potrebbe chiedersi qualcuno. In effetti il fenomeno del bullismo magari di branco e dello stolkeraggio non sono nuovi nell’ambiente giovanile. Quello che è meno consueto è la composizione della gang, sole giovanette di sesso femminile, e che sia fiorita in tempi in cui il sociale si sia ripiegato su se stesso. Ma proprio questo ripiegamento lascia pensare che lo strumento di comunicazione come il telefonino potesse favorire l’accanimento e la morbosità.
Vogliamo demonizzare i media e i social? No, un momento. Le evidenze, per quanto frammentarie, trovano timidi riscontri in qualche indagine sul quadro sociale del paese. Il IX Rapporto su benessere equo e sostenibile dell’Istat, da pochi giorni diffuso, segnala un peggioramento della condizione sociale di giovani e donne. L’Italia detiene il primato europeo di coloro che, tra i 15 e i 29 anni, non studiano, non lavorano, circa il 23%.
Figure che soffrono nell’Italia post Covid, per le quali diminuiscono la soddisfazione per il tempo libero, per le relazioni amicali, la partecipazione sociale e le attività di volontariato. Figure le più fragili sulle quali si accanisce anche la povertà e si allunga lo spettro del disagio mentale.