Resistenza, è questa la parola forte che si sente in Ucraina. Densa di significato morale e di forza. Dall’altra parte ci sono i carri armati dell’invasore, con le loro armi micidiali, ma sono privi di quella forza morale che ha il popolo ucraino. C’è stato il rapido organizzarsi della resistenza popolare. Sulla scena non ci sono quindi solo i blindati russi. Putin nervoso ventila perfino una minaccia nucleare, ma si confida che da parte occidentale si mantengano i nervi saldi. In Ucraina c’è grande confusione, ma sarebbe pericoloso fare passi politici o militari che acuiscano la tensione, come l’invio di armi alla resistenza. È una tremenda responsabilità di Putin quella di aver trasformato in una pesante aggressione armata la volontà di mantenere l’influenza russa.
Ma sarà bene riflettere prima di tutto sulla carriera di Putin. Nato nel 1952, esordisce nell’Unione Sovietica come ufficiale nel KGB (1975-91) mentre nella Russia sarà direttore del nuovo servizio segreto (FSB). Riveste cariche di rilievo nel partito Russia Unita (nome che di per sé costituisce un programma) e raggiunge quindi cariche al vertice: primo ministro (1999-200, 2008-2012), presidente della Federazione Russa dal (1999-2008, 2012), la carica che attualmente riveste.
Nella Russia egli ha operato l’affermazione del libero mercato. La liquidazione dell’Unione Sovietica era stata voluta da Michail Sergeevic Gorbaciov, allora segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica, fra il 1990 e il 1991. È antistorico pensare di capovolgerne le conseguenze politiche. L’intenzione di Putin all’inizio pareva limitata ad affermare una influenza politica con origini remote in un’occupazione. Ci sono i russi in Ucraina, e contro di loro c’è un’agguerrita resistenza. In seguito a questi fatti tremendi, ci sono già stati morti e feriti. Oggi però, all’interno della Russia, i mercati sono contro Putin. Mentre era stato proprio lui a dar loro quello spazio nella vita del paese che l’Unione Sovietica ai suoi tempi invece non consentiva. L’introduzione del liberismo economico voluta dal governo russo, consente che anche le borse si schierino contro di lui: il rublo precipita nelle quotazioni mentre un rigido embargo si abbatte sulle iniziative economiche del paese. Intanto la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, chiede che l’Ucraina entri nella UE.
C’erano stati in passato dei tentativi di Kiev di avvicinarsi perfino alla NATO, ma da parte occidentale si era operato un raffreddamento di quei propositi. Un ruolo nel fallimento del progetto l’aveva avuto anche Romano Prodi durante la sua presidenza del Consiglio. L’Italia teneva molto all’amicizia di Kiev, e anche per questo riteneva inopportuni dei passi che avrebbero inutilmente irritato Mosca. È appena uscita questa dichiarazione dello stesso Prodi, relativa a un suo incontro con Putin: «mi parlò della NATO e compresi che per lui era un’autentica ossessione». Si deve dire che da parte del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è mostrata finora prudenza: non ci sono state minacce nei confronti della Russia e sembra che egli abbia qualche intenzione di negoziare, condannando naturalmente il passo di Mosca. Si avverte però la presenza dietro di lui di forti pressioni. Naturalmente da parte di Washington resta fermo lo embargo contro la Russia, ma a questo proposito non si può ignorare la complessità dei rapporti economici oggi esistente fra i due paesi. Ci sono perfino le attività di una banca russa che opera nei paesi occidentali, compresa l’Italia, c’è la Banca Intesa Russia, controllata dall’omonima istituzione di credito italiana, e altre ancora. Né si deve dimenticare che le sanzioni contro la Russia determinano a loro volta delle contro-sanzioni di Mosca, che hanno un riflesso diretto sulla disponibilità – e quindi sui costi - di approvvigionamenti che diverranno sempre più cari – delle importazioni. Il gas di provenienza russa è indispensabile per la nostra economia. L’impennata di tanti prezzi al consumo, è la conseguenza anche di questa complessa catena.
In una situazione di crisi delle dimensioni di quella attuale, si avverte la mancanza di una decisa politica europea. I leader della UE prendono invece spesso delle iniziative autonome. Ciò indebolisce la UE, e in un momento di crisi, può rivelarsi perfino causa di pericoli. La Presidente della Commissione dell’Unione europea ha poteri molto rilevanti, ma non si deve trascurare che è l’espressione di un sistema di democrazia «indiretta», perché la sua nomina non è il risultato di un voto popolare.
Oggi occorrono invece delle riflessioni pacate e di lunga prospettiva, perché il pericolo è grande.