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Un figlio adulto, una madre in India

 
Lilli Maria Trizio

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Lilli Maria Trizio

Un figlio adulto, una madre in India

Il lessico familiare di Lilli Maria Trizio: racconto di un padre assente

Martedì 09 Febbraio 2021, 11:00

Il padre non c'era. Non c'era mai stato. Se n'era andato quando il figlio era piccolissimo proprio come nelle barzellette. Era uscito ed era scomparso, fuggito, volatilizzato. L'aveva lasciata sola e senza un soldo. Quello che si dice un galantuomo.
Nell'esporre la vicenda, le sembrava di raccontare la trama di un fumetto, l'intreccio di un film strappalacrime. Ma altro che lato romantico! La durezza della situazione, l'urgenza della realtà non si adagiava per riposare in compassione e lacrime, rimboccarsi le maniche, lavorare sempre e comunque.
Il figlio era cresciuto e aumentavano le spese, più da fare, più impegni, ancora nessuno spiraglio per pensare alla sua sola vita.
Il suo rapporto madre-figlio era un legame indissolubile, un nodo inestricabile che forse soltanto un lontano futuro avrebbe potuto sciogliere. Le difficoltà erano state maggiori non avendo lei titoli di studio. Conosceva lo spagnolo e il francese e faceva delle traduzioni, sapeva usare il computer, aveva abilità in lavori artigianali, fiori di stoffa, uncinetto.
Cercare lavoro, chiedere e se non aveva richieste diventava una baby-sitter.
Far mangiare il figlio, vestire il figlio, far studiare il figlio, il figlio era un'ara, un altare su cui scomparivano le considerazioni personali. Non che volesse immolare l'intera esistenza su questo pur nobile scopo, ma vi erano delle ragioni obiettive per cui dal problema non ne poteva distaccare un attimo. Senza di lei il figlio diventava immediatamente un organo.
La sua vita privata, date le circostanze assumeva un tono superficiale, un di più, un lusso che non s'inseriva nel suo giorno di madre a tutto servizio.
Ad ogni sua storia sentimentale il ragazzo sembrava risentirne o s'ammalava o si zittiva o prendeva qualche brutto voto a scuola. Mai le era riuscito di trovare un equilibrio tra il lavoro, il figlio e una vita privata.
Le era venuta in aiuto una mentalità futuristica, rimandava i problemi di donna sola ad un ipotetico dopo. Il figlio adulto. Finalmente è finita. Il figlio che lavora. Da grande capirà i miei sforzi. Andrà a vivere per conto suo.
Sarò sola.
Intanto gli anni trascorrevano e a volte guardava il ragazzo come un nemico, il figlio vampiro che si cibava del suo unico irrepetibile tempo.
E lei era una madre che non si poteva Lamentare, sentiva in giro strane vicende su adolescenti inquieti: che prendevano brutte strade magari avevano vissuto in belle ordinate famiglie.
Si parlava con toni cupi di una generazione senza speranza.
Droga, violenza, abulia.
A lei non era accaduto niente di drammatico, il figlio aveva conseguito la maturità scientifica, si era iscritto alla facoltà di architettura e non mostrava cedimenti negli studi, aveva voglia di terminare, di giungere alla laurea. Era realizzata come donna capo-famiglia.
Il lamento, il punto di frattura quotidiano era un altro, ragazzo benché grande pretendeva di essere servito e riverito alla stregua di un poppante. Non che desiderasse grossi aiuti in casa, ma non so poteva capitare un fine settimana da trascorrere fuori con un'amica, prima di andar via gli faceva la spesa e si raccomandava un po’ d'ordine, pulizia.
Al rientro trovava la casa stravolta. Perché comportarsi cosi? Non era anche casa sua? Possibile che non si potesse allontanare un po'?
Rimanendo solo non cucinava, invitava suoi amici e si preparavano i panini. Le stava bene ma dopo si mette ordine. No, non gli passava nemmeno per la testa, a questo ci avrebbe pensato la madre.
Scontava l'assenza, le metteva qualche colpa sulla coscienza. Tutto filava se era presente, tipo carabiniere, altrimenti il disordine, il caos.
Era un ragazzo sensibile e intelligente, si trasformava in duro e meschino a riguardo della libertà della madre.
Un'estate stanca e nervosa della sua esistenza strettamente casalinga si permise di accompagnare un amico in Grecia.
Quindici giorni di mare, aria e sole. Non l'avesse mai fatto! Al ritorno, il figlio non solo le fece trovare l'appartamento nelle solite condizioni pietose e questo lo sapeva, ma aveva saltato la sessione d'esami all'università.
Le caddero le braccia, ciò che aveva immaginato sul figlio adulto non erano che fantasie.
Il tempo passava e non c'era nessuna evoluzione nel ruolo di madre. Restava la Grande Madre, il grande abbraccio che tutto comprende. Certo la colpa ab origine era stata la sua, l'aveva abituato troppo a lei, ma nel terrore che si sviasse, non potendo poggiarsi ad alcuno aveva preferito instaurare il loro rapporto in maniera stretta, all'antica.
Ne pagava le conseguenze, il figlio stando bene non aveva nessuna intenzione di distaccarsi.
La madre era la sua volontà, l'angelo custode, il bersaglio che ogni ostacolo trasforma ed accoglie.
Però come una preghiera si ripassava il conto alla rovescia.
Si laureerà. Troverà un lavoro, una ragazza. Si sposerà. Se ne andrà.
Il loro non era più un sentimento puro, vivevano sì vicini, con ipotetiche lontananze con cui avrebbero dovuto fare ambedue i conti.
In certi momenti vedendo quanto l'avesse viziato gli faceva discorsi femministi.
Che un giorno avrebbe conosciuto una ragazza diversa da lei, che le ragazze moderne lavorano e hanno poca pazienza con gli uomini mammoni.
Discorsi che ascoltava, ma a cui non prestava vera attenzione come a dire "sì, ma a me non capiterà".
Lui era il figlio unico, il prediletto a cui la donna preparava la colazione, il pranzo la cena, a cui la madre faceva trovare la biancheria pulita, il letto rifatto, i libri in ordine, queste mansioni gli erano dovute e se non c'erano, per dispetto, aveva la scusa per non studiare.
Per affrettare i termini della laurea lei diventò ancora più solerte, amorevole, preparava sofisticati manicaretti, invitava a colazione gli amici del figlio, non usciva di sera. Una silenziosa calda compagnia mentre lui studiava.
Aveva vinto il figlio, ma il conto alla rovescia si stava avvicinando allo zero, tra l'altro si era innamorato, prima o poi il nodo si sarebbe sciolto.
Non ne poteva più di traduzioni, lavori all'uncinetto ed altro, per sé le bastava poco ed invece doveva guadagnare per forza una certa cifra.
Aveva oltrepassato i quarant'anni, età di equilibrio e di pace, si dice, lei aveva una voglia frenetica di divertirsi, voleva scoprire altri mondi, vivere diverse situazioni.
Rammentava il marito che l’aveva abbandonata con un bambino piccolo. Le appariva un essere misterioso, in tanti anni di lontananza non una curiosità, una debolezza, un minimo senso di responsabilità.
Il figlio messo alle strette dalle cure materne non ebbe più scuse per non dare esami. Si laureò con ottimi voti e senza eccessivi ritardi, era sempre innamorato della stessa ragazza.
La madre riuscì a farlo entrare in uno studio di architetti suoi amici. Il futuro si avviava per il meglio.
A circa un anno dai primi guadagni i fidanzatini si vollero sposare. Se ne guardò bene dal dissuaderli. L'ambito distacco finalmente avvenne.
La sua vita cambiò profondamente, scopriva i piaceri della libertà, rientrava a casa quando voleva, se aveva fame mangiava, non occorreva far la spesa ogni santissimo giorno e quando riusciva a mettere un po' di soldi da parte viaggiava senza urtare la suscettibilità di nessuno.
Sola ad affrontare il suo tempo, sentiva quella libertà, sensazione di leggerezza, se l'era nel vero senso guadagnata.
Come la fine di un servizio militare, come il ritrovamento di un pensiero nascosto e perduto per moltissimi anni, aveva amato troppo il figlio, di un amore esclusivo che adombrava altre zone affettive.
Adesso voleva misurarsi con gli amori difficili, dove ci vuole abilità creativa per arrivare, l'amore per un figlio può essere solo il primo gradino di un sentimento più vasto, desiderava capire se amava veramente la vita senza aiuti e intermediari.
Si sentiva forte, aveva molto amato, si scopriva povera perché aveva amato soltanto suo figlio. Aveva rispettato l'istinto, la natura, ma non era andata oltre, non c'era stato nel suo amore la meraviglia di una scelta. Al primo vagito del neonato lei era accorsa ed era rimasta come inchiodata al suo destino di madre.
Ma aveva risposto ad un grido non ad una parola.
Erano trascorsi sei mesi dal matrimonio, ricevette una drammatica telefonata.
Il figlio voleva separarsi dalla moglie, viveva, secondo lui in un "casotto". Si era unito con una ragazza che faceva l'assistente sociale e che quindi in casa stava poco.
Il signorino si lamentava che non trovava il pranzo pronto e che in casa regnava sovrana la sporcizia. Volavano parole grosse tra i freschi sposi. Al termine della telefonata disse: "Torno immediatamente da te, qui è un inferno".
"NO" rispose la madre “Io sono in partenza per l'India, vado a fare meditazione trascendentale".
E ci andò sul serio.

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