BARI - Le prime esibizioni non sono state il massimo, inutile far finta di niente. Con gran parte della tifoseria che temeva di dover rivivere il «film» Brenno, un portiere brasiliano che non è quasi mai riuscito a mettere mostra quelle doti su cui, fino all’ultimo, aveva giurato Ciro Polito, l’ormai ex direttore sportivo del Bari. Prestazioni incerte, soprattutto nelle gestioni delle uscite. E tutti sanno quanto il ruolo del portiere sia fondamentale nell’idea di una squadra ambiziosa.
Poi le cose sono cambiate. E oggi Boris Radunovic ha saputo meritare gli apprezzamenti dei tifosi e degli addetti ai lavori. Longo e il suo staff tecnico, invece, non hanno mai avuto dubbi. Sapevano che sarebbe stata questione di tempo e così è stato. Fermo restando che il numero uno serbo, classe 1996 (arrivato in prestito e di proprietà del Cagliari), dà la sensazione di poter migliorare ancora guardando alle sue enormi potenzialità.
Radunovic, quanto è stato difficile gestire un avvio di stagione non in linea con le aspettative?
«Ho abbastanza esperienza per sapere che in tutte le cose della vita serve tempo. Specie quando sei all’alba di un nuovo progetto. E poi nuova la squadra, nuovi i compagni, nuovo l’allenatore. Però vedevo che il gruppo è forte e quindi non mi sono mai sentito davvero sentito in difficoltà».
Lei ha fatto fatica soprattutto sui palloni alti. È il suo punto debole o non le era mai capitato in carriera?
«Voglio chiarire. Più che di uscite si è trattato di letture sbagliate. Forse dettate dalla paura di sbagliare proprio per i motivi che spiegavo precedentemente».
È stato un pomeriggio difficile anche contro la Reggiana. Ha apprezzato le parole di Longo che, forse, ha voluto evitare una deprecabile caccia al colpevole?
«Leggo poco i giornali e guardo poco la tv. Non so cosa abbia detto il mister. So bene, però, che sono tanti gli episodi che determinano un risultato. In questo caso abbiamo sbagliato noi a non continuare a correre in avanti anche dopo il doppio vantaggio».
Si è parlato tantissimo del suo prodigio su Verde a Salerno. È stata la più bella parata della stagione?
«A me piacciono quelle plastiche. E, quindi, direi che ne ho fatte di più belle. Sono stato bravo soprattutto a restare in piedi. E sapete perché? Abbiamo giocato insieme ad Avellino e lo conosco bene. So che in quelle azioni lui ti guarda, in un certo senso ti sfida. E immaginavo potesse tentare quella giocata».
Le capita mai di pensare al tema delle ambizioni del Bari?
«Sono convinto che abbiamo un ottimo gruppo e che l’obiettivo playoff sia alla nostra portata. Però preferisco vivere alla giornata».
Undici giornate senza sconfitte. Non propriamente un dettaglio...
«È la strada giusta. Perdere poco vuol dire tanto. Esattamente come subire pochi gol. La solidità di una squadra è la migliore garanzia di competitività».
Parliamo del gruppo. C’è qualche compagno di squadra che l’ha sorpresa in positivo?
«Non amo fare questi discorsi. Quello che conta è potersi allenare con gente forte. Penso a Lasagna, Novakovic e tanti altri. Gente di valore assoluto».
E allora guardiamo ai giovani. Oliveri cresce in modo esponenziale. Ragazzo che ha tutto per imporsi nel calcio che conta.
«Bè sì, Oliveri è davvero bravo. D’altronde viene dal vivaio dell’Atalanta che è una garanzia. Bravi Magalini e Di Cesare a portarlo qui».
E con Longo come va? Che tipo di allenatore è?
«Mi piace il suo saper essere sempre vicino alla squadra. E se qualcuno sbaglia lui non punta mai il dito contro. Si è creato un rapporto solido tra squadra e allenatore».
È presto per parlare di mercato. Lei è arrivato a Bari con la formula del prestito secco. Le piacerebbe far parte di un progetto ambizioso?
«Bari è una piazza fantastica. All’inizio forse i tifosi mi vedevano come un nemico per via di quella finale playoff in cui io ho difeso la porta del Cagliari. Sono dinamiche comprensibili, ci mancherebbe. Ora va meglio, evidentemente. I baresi riescono a essere un’arma in più. E chi se lo scorda quel “San Nicola” pieno a trascinare la squadra di Mignani? Fantastico».
Non ha risposto, però.
«Che senso ha parlarne ora. Tra l’altro non sono io che faccio le trattative. A tempo debio si vedrà il da farsi».
Parliamo del campionato.
«Mi ha sorpreso il Pisa. Non pensavo potesse tenere questi ritmi. Il Sassuolo, la vera corazzata. Lo Spezia ha la solidità che serve per puntare in alto. Poi c’è un gruppo di squadre che ha la qualità per risalire in classifica. E parlo di Sampdoria, Palermo e Cremonese».
La sosta sì o no?
«Io l’avrei evitata. C’è da cavalcare un entusiasmo ritrovato e sarebbe stato meglio rigiocare subito».
Il Cittadella, più un’occasione o una trappola?
«Entrambe le cose. Abbiamo la possibilità di migliorare ancora la classifica e di dare ulteriore continuità ai risultati dopo la vittoria a Salerno. Però se pensassimo a un Cittadella arrendevole sarebbe l’errore più grave. Servirà giocare una partita seria. Con attenzione massima e la capacità di colpire al momento giusto».