D’istinto verrebbe da definirla nel più classico dei modi, Sudtirol-Bari: una sfida salvezza, senza se e senza ma. Con la classifica che si fa sempre più opprimente nonostante il punticino conquistato contro il Pescara abbia significato l’abbandono della zona playout. L’impressione, però, è che ci sia qualcosa che conti di più. La prestazione, i segnali di vitalità, una reazione emotiva. Troppo importante che la squadra di Vivarini riesca a lanciare segnali di «fumo» in un momento di particolare delicatezza, anche e soprattutto sul piano emotivo. Battere gli altoatesini sarebbe, indubbiamente, un bel colpo. Ma, al punto in cui siamo, sarebbe grave prendere coscienza di un’ennesima occasione persa. Per mostrare crescita, ad esempio. Collettiva, caratteriale, tecnico-tattica. Un’altra vittoria casuale, come quelle contro Padova, Mantova e Cesena, non schiarirebbe un orizzonte che, fatti alla mano, resta nerissimo.
Vivarini s’è cacciato in un bel guaio. Al momento del «sì» difficilmente immaginava uno scenario così desolante. Scorreva l’elenco dei calciatori e si faceva convinto di poter trovare la quadratura del cerchio. Poi s’è accorto che qui non c’è solo da addrizzare limiti a vario titolo. Ma da «gonfiare» il petto a una rosa terribilmente fragile. In ogni parola del tecnico abruzzese si nascondono piccole, grandi verità. Dal cambio di obiettivi («Qui devi solo vincere», nel giorno del suo arrivo; «Ho capito tante cose in più, dobbiamo pensare alla salvezza», pochi minuti dopo la sfida pareggiata contro il Pescara) a messaggi abbastanza forti, pur banali nella loro essenza. «AI ragazzi chiedo coraggio e, quindi, maggiore propensione all’aggressività lontano dall’area di rigore», il Vivarini pensiero alla vigilia della sfida di oggi a Bolzano. Savo, poi, ricordare che «tutto il resto lo do per scontato». E cioè, umiltà, carattere, cattiveria, intensità. «Se non hai queste armi impossibile vincere partite. Cominciando da quella contro il Sudtirol. Se andiamo lì a fare le ballerine... commenteremo un’altra sconfitta».
Il problema è che questi limiti, chiamiamoli caratteriali, non sono una novità. E non sono nemmeno spiegabili con la tensione che si respira al «San Nicola» e nell’ambiente in generale. Quella imbarazzante mezz’ora contro il Pescara è già andata in scena tante altre volte. E nessuno è mai riuscito a frenare l’emorragia. Una prestazione dietro l’altra, una più sconcertante dell’altra. E allora ci si chiede quali sarebbero gli elementi su cui poggiare un atto di fede, quello della fiducia per il prosieguo della stagione? Cosa dovrebbe accadere per sperare che il Bari, quasi d’incanto, cambi registro e si metta a giocare con la «faccia sporca»? Nello sport tutto può accadere, certo. Non esistono le verità assolute. Però quindici giornate dovranno pur rappresentare qualcosa. Quindici giornate di nulla, o quasi. Mesi di stenti e pochissime luci. E la percezione di una squadra che va indietro invece di prendere sostanza e progredire.
Oggi è la partita giusta per capire se qualcosa s’è mosso in tal senso. E se Vivarini è riuscito a toccare le corde giuste, non solo tatticamente. Il Sudtirol impersonifica alla perfezione la classica squadra di serie B. Tosta e aggressiva, duttile e camaleontica. E in panchina uno come Castori che sa fare calcio. Senza squilli di tromba, ma con la dote del buonsenso e della praticità.
















