Mercoledì 22 Ottobre 2025 | 14:33

Matarrese: il «mio» Riva. «Uomo immenso. Che avventura al Mondiale del 1994»

Matarrese: il «mio» Riva. «Uomo immenso. Che avventura al Mondiale del 1994»

 
Fabrizio Nitti

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Fabrizio Nitti

Matarrese: il «mio» Riva. «Uomo immenso. Che avventura al Mondiale del 1994»

«Assieme a Gigi un’avventura incredibile nel corso dei Mondiali del 1994 negli Stati Uniti. Da lui ho imparato moltissimo»

Mercoledì 24 Gennaio 2024, 12:37

15:06

«Un grande, profondo dolore». Antonio Matarrese apre il libro dei ricordi e racconta il «suo» Gigi Riva. Voce rotta dall’emozione, aneddoti da tirare fuori, immagini impossibili da cancellare. Antonio Matarrese fu l’uomo che, restituì a «Rombo di tuono»... la maglia azzurra. Era il 1987. Da quel momento il legame fra il dirigente barese, allora presidente della Federcalcio, e l’ex attaccante del Cagliari scomparso l’altro ieri, è rimasto saldo e profondo. Un uomo del profondo Sud e uno del profondo Nord che trovano un punto di contatto nel pallone.

«Non ci sarò ai funerali - dice Matarrese da Dubai di rientro dalla finale di Supercoppa fra Inter e Napoli - e sinceramente preferisco così. Gigi per me rappresenta ancora una delle migliori esperienze nel mondo del calcio».

Raccontare Riva in poche righe è un esercizio senza soluzione. Impossibile. Matarrese prova a parlare a ruota libera. Dal primo faccia a faccia con l’hombre vertical del calcio italiano, all’esperienza del Mondiale americano, dove Riva giocà un ruolo determinante in quella straordinaria avventura.

«Conobbi Gigi ben prima di averlo con me in Figc - dice Matarrese -. Ero in Lega, al secondo mandato e mi venne a trovare perché stava incontrando problemi con il Cagliari, società per la quale lavorava anche dopo la carriera da calciatore. Cercai di aiutarlo e in quei giorni apprezzai soprattutto la sua testardaggine. Determinato, non si fermava mai».

Fu praticamente un colpo di fulmine, l’inizio di una grande storia e di una grande amicizia che visse il momento più alto nel 1994: «Mi prendo un merito, quello di averlo portato in Federazione e nessuno può contestarmelo. Era stato quasi abbandonato, nessuno si ricordava di lui, non era sulla cresta dell'onda. Ma meritava rispetto per la sua serietà, per il suo passato e per quello poteva ancora dare al calcio. E mi disse: “grazie, sei l’unico che si è ricordato di me”. Alla vigilia dei Mondiali in Usa, pensai che ci fosse bisogno di una persona che facesse un po’ da tramite fra il presidente federale e la squadra».

«A parte ovviamente Sacchi che gestiva l’area tecnica, volevo una persona di calcio, una persona “vera” - continua Matarrese . Che vivesse con la squadra, condividesse i momenti felici e quelli più duri. In verità, qualcuno mi disse che non era il caso, ma io andai avanti e Gigi fu una scelta azzeccata. Accettò di buon grado e ne fui contento. L’Ho sempre trattato con grande rispetto. In lui vedevo la storia del calcio italiano e da lui ho imparato moltissimo. Negli Stati Uniti vivevo in pratica con lui e fu una grande avventura. Per quella Nazionale era un punto di riferimento, un capitano non giocatore per dirla con il tennis. I calciatori apprezzarono molto la sua figura, era un leader, un’immagine forte del calcio italiano, fu una mossa bella e apprezzata. Non era solo il rappresentante del presidente, accudiva la squadra, andava incontro alle esigenze di tutti. Restammo un mese negli States, un periodo lunghissimo chiuso con il secondo posto dietro il Brasile. Era sempre sul pezzo, pronto a dirmi se qualche calciatore attraversasse un momento psicologico particolare, dicendomi di parlare con tizio o caio...».

Spunta un flash di quei giorni, forse della giornata più difficile di quel Mondiale: «Vedevo le partite accanto a lui, si soffriva e gioiva assieme. E chi dimentica la sfida contro la Nigeria? Eravamo a un passo dall’eliminazione, sotto di un uomo e di un gol. Un incubo. Quando avemmo il rigore del sorpasso e della qualificazione, io ero girato, di spalle. Non voglio vedere, Gigi, gli dissi. Poi me lo ritrovai addosso, mi abbracciava, capii che era fatta. Piangemmo assieme per la gioia».

Baggio fu decisivo, doppietta. Quel Baggio che, poi, rischiò di non giocare la finale a causa di un problema muscolare. Matarrese tira fuori un aneddoto: «Gigi mi chiamò e mi disse: “Presidente, Baggio vuole giocare; è vero non sta bene, ma ha il diritto di giocare la finale, ci ha portato lui fin qui. Difendeva il ruolo del calciatore, mi colpì moltissimo. È stato un uomo immenso, Da qualche tempo non lo sentivo, ma il nostro rapporto non si è mai incrinato. Non lo dimenticherò mai».

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