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Terlizzi, la storia di Don Gianluca, parroco-portiere: un angelo in volo tra i pali

 
Antonio Gattulli

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Antonio Gattulli

Terlizzi, la storia di Don Gianluca, parroco-portiere: un angelo in volo tra i pali

«Siamo sacerdoti, vero. Ma tra noi c’è chi dà del tu al pallone». È il numero 1 della nazionale sacerdoti

Venerdì 21 Aprile 2023, 13:41

Un angelo con i guantoni al posto delle ali, pronto a volare nel breve cielo grande 7,32x2,44 metri. Don Gianluca D'Amato è un parroco con calzoncini e scarpini. Dall’abito talare al rettangolo di gioco il passo è breve per il vicario parrocchiale della concattedrale San Michele Arcangelo di Terlizzi. Il prelato della città dei fiori è il portiere della nazionale italiana sacerdoti guidata dal tecnico ed ex calciatore Moreno Buccianti. «In campo ci vanno sacerdoti, è vero, ma vi assicuro che c’è gente che sa dare del tu alla palla», chiosa don Gianluca.

Don Gianluca come nasce la passione per il pallone e per il calcio giocato?

«Mi è stata trasmessa dai miei fratelli Michele ed Angelo. Da piccoli si tende sovente ad emulare i più grandi. Giocavo per strada con loro insieme ad altri amici. Come ogni buon cristiano, la domenica partecipavo prima alla celebrazione eucaristica in veste di ministrante, successivamente ci si riversava nel quartiere con i ragazzi. Poi è arrivata l’esperienza tra i pali della squadra di calcio a 5 Azzurra Terlizzi. Dopo una partita meravigliosa, in cui subire gol, risultò difficile in quell'occasione; ebbi i complimenti delle tante persone presenti in tribuna. Gino Mastandrea, presidente dell'Azzurra, squadra di calcio a 5 locale, si avvicinò e mi propose di far parte dell’organico. Ero il più piccolo della squadra»

Come conciliava allenamenti, studi e seminario.

«Fu difficile continuare. Pertanto vi rimasi solo un mese. Ricordo, tuttavia, quell'esperienza con grande gioia e a distanza di tempo ho incontrato alcuni componenti della squadra (fortissima, tanto da essere promossa nella categoria superiore). Con il passare del tempo, alcuni sono diventati genitori e io ho avuto il dono di amministrare il sacramento del battesimo ai loro figli. Gli anni di studio di teologia non l’hanno allontanata dai campi di gioco. Entrato in seminario, ho coltivato la passione per il calcio e gli studi teologici non mi hanno allontanato dai campi di gioco, infatti, nel 2005 e 2006 ho vinto il torneo nazionale dei seminari d’Italia. Un bel risultato. Non sono mancati altri sport durante il mio percorso, nella fattispecie pallavolo, corsa campestre e tennis tavolo, vincendo diverse competizioni a livello locale. Nel 2011 sono diventato sacerdote e ho dovuto mettere da parte il calcio per numerosi impegni sino a quando, nel 2018 non ho saputo dire no alla chiamata del selezionatore Buccianti. Così ho continuato diversamente a vivere la passione calcistica e dello sport in generale in seminario, nel tempo. Buffon, Sirigu, Donnarumma e Allison i miei beniamini, da ognuno di essi mi piace emulare lo stile. Nutro grande stima per Elia Caprile, portiere del Bari, di notevoli qualità davvero».

Lei è diventato un punto di riferimento in campo della nazionale dei sacerdoti tanto da meritarsi l’appellativo di pararigori. Recentemente si è messo in mostra a un triangolare di beneficenza a Crotone a cui ha preso parte la nazionale magistrati e quella della Polizia di Stato.

«Compatibilmente con gli impegni relativi alla missione sacerdotale partecipo a questi eventi benefici di natura sportiva all'interno del panorama nazionale. Il tecnico Moreno Buccianti è in costante contatto con noi e ci rende partecipe di ogni evento. La Calabria, nell'ultimo triangolare di beneficenza, ci ha accolto benissimo. Vi erano sugli spalti circa 4500 persone, gran parte ragazzi delle scuole superiori di Crotone e paesi limitrofi. Qualche ragazzo ci ha anche chiesto qualche foto e non sono mancati i complimenti. È stato molto emozionante».

Come ha imparato a parare i rigori?

«Ho studiato alcuni movimenti dei portieri. Ricordo a titolo esemplificativo Dudek, con un movimento ballerino, parò un calcio di rigore fondamentale a Schevcenko nel 2005, consegnando la Champions League al Liverpool».

Ritiene che lo sport possa ancora insegnare qualcosa ai giovani?

«Lo sport insegna tanto, è "maestro di vita". È capace di allontanare tanti ragazzi anche da cattive compagnie e, pertanto, è altamente formativo. Attraverso lo sport noi comunichiamo anche la parola di Dio e riusciamo ad arrivare a persone lontane dal mondo ecclesiastico».

Lei è un grande tifoso del Bari che segue al San Nicola quando l’impegno di sacerdote glielo consente. Può essere la stagione giusta per andare in serie A?

«Ci sono ancora 5 gare, che equivalgono a 5 finali. Dare il massimo deve essere la priorità. Fermo restando, che fino a questo momento la società del Bari, partendo dal presidente, dal direttore sportivo, dal tecnico Mignani e finendo con i calciatori ha compiuto un "piccolo miracolo sportivo". Bisogna realizzarlo pienamente perché Bari merita la serie A con una tifoseria da massima serie. Credo che il secondo posto sia ancora possibile. Ricordo l’emozione della prima partita allo stadio San Nicola. Era un Bari – Fiorentina del 23 gennaio 2000 conclusasi con la vittoria dei biancorossi grazie a un gol di Spinesi all’ ’84. I miei compagni di viaggio, in quel contesto, erano il gruppo di seminaristi di Molfetta del seminario vescovile guidati dal nostro educatore don Angelo Mazzone, sacerdote esemplare della nostra diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi».

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