BARI - «Crederci a ogni costo». Ecco l’urlo di battaglia che Angelo Terracenere estende al «suo» Bari. D’altra parte, l’ex centrocampista molfettese (oggi responsabile del Molfetta giovanile insieme a Danilo Scardigno) è sempre stato uno che non molla mai. Nei suoi otto anni in biancorosso (dal 1985 al ‘93 con 256 presenze e due reti), gli è toccato prendersi «cura» dei più grandi fantasisti dell’epoca: Maradona, Gullit, Baggio, Mancini, Zola (solo per citare i più noti) hanno incrociato «i tacchetti» con lui, trovando sovente vita molto difficile. La tenacia, l’applicazione e il furore agonistico sempre state le doti di Terracenere che rivede il suo spirito nella truppa allenata da Michele Mignani. «È un’occasione irripetibile per realizzare un sogno», le sue parole. «Ormai il campionato è entrato nello sprint finale: a quota 50 punti, il Bari ha avuto il merito di ritagliarsi la tranquillità per poter guardare soltanto avanti e non doversi preoccupare di quanto avviene alle spalle. Perciò, bando agli indugi: ora il pensiero deve essere concorrere per il massimo obiettivo, battendo qualsiasi strada possibile».
Il secondo posto che porta direttamente in serie A è distante sei lunghezze: troppe per tentare un aggancio?
«Il Genoa è forse la squadra più attrezzata del campionato, ma non penso che vincerà sempre. E quello scontro diretto in programma all’ultima giornata resta un’opportunità: con una differenza reti complessiva praticamente identica, basterebbe portarsi a meno tre e poi provare a giocarsi tutto in 90’. Ricordando che in un’eventualità del genere, la pressione sarebbe tutta sui liguri sia perché si gioca in casa loro, sia perché per investimenti e spese sostenute sono i liguri a non poter fallire l’approdo in A. Perciò, il Bari avrebbe il vantaggio di una leggerezza mentale che gli avversari non potrebbero mai permettersi. Al momento, perciò, si devono tenere presenti tutti i traguardi raggiungibili».
E se, invece, si passasse dai playoff, quali compagini sarebbero più temibili?
«Intanto, sarebbe fondamentale presentarsi agli spareggi promozione nella migliore posizione possibile: il terzo e il quarto posto garantiscono vantaggi cospicui. In quel frangente, più che le qualità tecniche, conta come si arriva sul piano fisico e psicologico. Per organico, il Cagliari è certamente una concorrente ostica, così come sarebbe un brutto cliente il Parma, oppure il Pisa. Ma non sottovaluterei l’entusiasmo del Sudtirol».
Pensa che nell’ultimo periodo il Bari sia un po’ calato nelle prestazioni rispetto ai suoi standard?
«Ritengo che sia la fase del campionato ad aver cambiato la tipologia delle partite. Ora i punti pesano: tutti lottano per un obiettivo, peraltro in una classifica cortissima tra zona playoff e playout. Le gare sono simili: le formazioni stanno attente a non scoprirsi, spesso si assiste a confronti bruttini prima che si sblocchi il risultato. Il Bari ha peculiarità precise: negli spazi stretti fa più fatica. Ma al contempo è anche una compagine difficile da battere. Secondo me sul piano mentale, la ricetta da seguire è semplice».
In che senso?
«Mignani è stato bravo a insegnare ai suoi a vivere il momento, senza guardare troppo avanti o sprecare le energie in calcoli. Ecco, l’approccio mentale non deve cambiare: si deve pensare ad una gara per volta, affrontandola con la massima determinazione e senza temerne troppo le conseguenze. La piazza è dalla parte della squadra, ormai siamo in un frangente in cui ci sarà sempre un pubblico numeroso allo stadio, i tifosi sono grati a quanto espresso da questi ragazzi. Ci sono le componenti per marciare all’unisono verso la gloria. Ribadisco: si era partiti magari con obiettivi meno altisonanti, ma a volte è il destino a indicare la rotta e non approfittare della piega presa dalla stagione sarebbe follia».
Tra i singoli, da chi si aspetta un finale al top?
«Caprile ha una maturità fuori dal comune: non tradirà. Cheddira ha segnato meno nell’ultimo mese, ma sono certo che abbia altre cartucce da sparare. Occorre recuperare al meglio un trascinatore come Folorunsho: in rosa, nessuno possiede le sue doti di potenza e progressione. Ma punto anche sull’esperienza: Di Cesare, Maiello, Antenucci rappresentano la vecchia guardia che ha compiuto un passo indietro pur di ritrovarsi in lotta per il vertice. La loro professionalità meriterebbe il più bello tra i premi…».