Sabato 06 Settembre 2025 | 15:11

Ad Andria la reliquia del giudice Livatino, assassinato dalla mafia nel 1990

 
Redazione online

Reporter:

Redazione online

Bari, il 22 maggio in città le reliquie del giudice Livatino

Emiliano: «La mia carriera da pm è iniziata con la bara di Livatino»

Martedì 14 Novembre 2023, 20:23

20:24

ANDRIA - «Studiando la figura di Livatino e il contesto in cui ha operato, in particolar modo ciò che accadeva ad Agrigento, a Canicattì in quegli anni, ci sono tante similitudini e analogie con quello che noi viviamo in questa provincia, nella provincia Bat». Lo ha detto il capo della Procura di Trani, Renato Nitti a margine dell’arrivo a Palazzo di città ad Andria, della reliquia del beato Rosario Livatino, il giudice assassinato dalla mafia agrigentina nel 1990.
«In quegli anni si viveva con un forte depotenziamento delle forze di polizia: a Palma di Montechiaro non c'era neanche il commissariato - ha proseguito Nitti - e lo sforzo che veniva fatto da Livatino in materia ambientale, spesso non veniva compreso perché non tutti operavano nel settore del diritto penale dell’ambiente». «Era difficile stare al passo con il suo metodo di lavoro», ha evidenziato il procuratore.
«Se andiamo a leggere Nando Dalla Chiesa che è un altro autore che ha approfondito la figura di Livatino, ci rendiamo conto - ha aggiunto - che negli anni Ottanta è stata fatta una attività di denigrazione costante dei magistrati che ha portato a un forte senso di isolamento». «Quanto sono oggi istruttive le pagine scritte da Livatino sul tema della responsabilità del magistrato», ha continuato Nitti perché evidenziano «come certi meccanismi di cui sentiamo parlare in questi giorni dalla politica, sono destinati a produrre la figura di un giudice intimidito, ciò che egli non fu e non intendeva essere».
«In questo territorio - ha concluso - c'è la necessità di recuperare credibilità, di farlo quotidianamente partendo dal tema delle Istituzioni, di quelle giudiziarie in primo luogo, ma anche di ogni altro profilo che non riguardi soltanto l'Istituzione giudiziaria».

«Io e Rosario eravamo amici, la mia prima sede di servizio è stata la Procura di Agrigento. Ho cominciato la mia carriera da magistrato praticamente portando sulla spalla la sua bara». Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, a margine dell’arrivo nella sala consiliare del Comune di Andria, della reliquia del beato Rosario Livatino, il giudice ucciso dalla mafia in Sicilia nel 1990. «Sono passati tanti anni» e l’assassinio di Livatino "nella mia vita è stato una sliding door cioè una porta che ha cambiato tutto in in pochi minuti, nel senso che mi ha definitivamente affiliato alle istituzioni descritte dalla Costituzione- ha continuato Emiliano - e devo dire anche a una concezione della vita».
«Ci legavano alcune finalità» anche se «Rosario - ha aggiunto il governatore della Puglia - aveva una sua struttura di uomo, di uomo di fede, di magistrato, di persona dalle certezze granitiche» mentre «io sono un uomo diciamo, più laico e dubbioso». «La sua presenza attraverso la reliquia è per me un momento - ha proseguito Emiliano - anche faticoso nel pensare a lui, ai momenti di vita e di lavoro che abbiamo condiviso, ma mi rendo conto che è mio dovere esserci perché non mi posso più nascondere nel silenzio, visto che di lui si sta parlando tanto è anche giusto che io racconti quello che so della sua vita e del suo impegno».

«Rosario sosteneva che non è tanto una questione di essere creduti ma di essere credibili e questa necessità c'è ovunque, c'è anche nei posti dove apparentemente non c'è conflitto, non c'è criminalità, non c'è mafia perché in quei luoghi se perdi credibilità, apri la strada a una infezione che può colpire qualunque luogo, anche il meno vicino, il meno tradizionalmente legato alla criminalità organizzata», ha spiegato Emiliano ribadendo che «dove le istituzioni sono deboli, sono corrotte, sono facili alla violenza e alla sopraffazione è ovviamente molto più facile che anche i gruppi di scarso rilievo» criminale "possano man mano costruire quella forza di intimidazione e quella capacità di assoggettamento che dà vita ad un’associazione mafiosa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)