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NEL CENTRO STORICO
Nico Aurora
08 Giugno 2020
Vico Annunziatra a Trani
TRANI - Ha 65 anni, peraltro portati benissimo, e da venti fa l’operatore ecologico aggiunto. Si chiama Filippo, abita in vico Annunziata e soprattutto, nel fine settimana provvede direttamente lui alla pulizia di quella stradina e della vicina vico San Basile, ormai diventati teatro del peggio che la movida possa proporre. L’altra notte un folto gruppo di ragazzi, radunatosi lì intorno alle 3, dopo avere bevuto e schiamazzato a lungo, ha atteso scientificamente il passaggio di una pattuglia dei carabinieri prima di urinare dappertutto, accompagnati dalle bottiglie di alcool appena consumate. Al risveglio Filippo si è armato della solita, santa pazienza e, insieme con acqua, candeggina e scopa, ha rimesso tutto a posto. Compresa la fioriera nei pressi della sua abitazione, puntualmente riempita di rifiuti e resti di consumazioni, e da lui altrettanto sistematicamente ripulita per restituirle il decoro che merita.
Dopo il caso del vicino vico San Basile, messo a dura prova da vandali, malviventi e possibili spacciatori, il cancro della notte senza controllo sembra rafforzarsi ed estendersi. E i cittadini non si rassegnano, si attivano e si mettono in proprio per difendersi dal degrado. Ma i cartelli dei bambini che chiedono silenzio, le loro pigne per non fare sedere gli incivili sugli scalini e la scopa di Filippo non possono sostituirsi alle istituzioni.
Abitare nel centro storico, o nei pressi del centro storico, non può essere diventata all’improvviso una colpa. Infatti, a chi si lamenta, altri rispondono che «non te l’ha ordinato il medico». Siamo così giunti ad un paradossale ribaltamento dei piani, per effetto del quale il degrado è la normalità e la ribellione ad esso un atteggiamento fuori della realtà. Filippo pulisce il suo vicolo da vent’anni per il bene comune. E, sempre da vent’anni, Trani è iscritta nel registro delle «Città slow». Aderendovi, come tanti altri comunali in Italia, Trani si è dichiarata «animata da individui curiosi del tempo ritrovato, dove l’uomo è ancora protagonista del lento, benefico succedersi delle stagioni». Inoltre, «rispettosa della salute dei cittadini, della genuinità dei prodotti e della buona cucina». Ed ancora, «ricca di affascinanti tradizioni artigiane, preziose opere d’arte, piazze, teatri, botteghe, caffè, ristoranti, luoghi dello spirito e paesaggi incontaminati». Infine, caratterizzata della spontaneità dei riti religiosi, rispetto delle tradizioni e dalla gioia di un lento e quieto vivere». Il «manifesto» di una città slow dovrebbe fare sempre più riflettere su cosa sarebbe dovuto significare essere una città slow e cosa oggi effettivamente sia. Purtroppo, avere fondato la sua nuova economia quasi esclusivamente sui locali della ristorazione, se da una parte consente dei risultati a breve scadenza, dall’altra ha innescato conseguenze devianti e spesso imprevedibili. E così, se nel migliore dei casi c’è un Filippo che la mattina si rimbocca le maniche e puilisce, nel peggiore c’è una rissa che scoppia davanti ad un locale nella quale, come 5 anni fa di questi tempi, ci può persino scappare il morto.
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