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Giustizia truccata
Massimiliano Scagliarini
09 Agosto 2019
La Procura di Lecce si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per Michele Nardi, Antonio Savasta, Luigi Scimè e le altre 9 persone accusate a vario titolo di aver truccato le indagini del Tribunale di Trani. Ma l’inchiesta sulla giustizia svenduta non è finita e, anzi, prosegue, e la lista delle persone coinvolte - che già si è «arricchita» di almeno altri sei nomi - è destinata ad allungarsi ancora.
I carabinieri di Barletta, su delega della pm Roberta Licci, stanno infatti eseguendo altri accertamenti. Si tratta essenzialmente di due filoni. Il primo, gli approfondimenti sulle denunce presentate da avvocati e imprenditori che ritengono di essere incappati nella «cricca» delle indagini truccati. Il secondo, la ricerca di riscontri alle dichiarazioni dell’imprenditore Flavio D’Introno, l’uomo che (pur accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione insieme a Nardi e Savasta) con le sue «confessioni» ha reso possibili gli arresti di gennaio: la pista dei soldi, quelli che D’Introno ha detto di aver distribuito per assicurarsi favori in realtà mai fatti o comunque inutili, potrebbe infatti portare ad altre ipotesi di reato.
La prima parte dell’indagine ha esplorato quanto avvenuto all’interno della Procura di Trani con l’attività di Savasta (che ha ammesso di essersi fatto corrompere) e di Scimé (che invece nega e ha presentato una corposa memoria difensiva), accusati di aver accettato di soldi di D’Introno per intervenire su alcuni fascicoli. Ora si passa a quanto avvenuto intorno all’attività dei magistrati, non solo nel periodo in cui Savasta ha operato a Trani (è stato trasferito a Roma a gennaio 2017) ma anche in tempi recenti. All’attenzione della Procura di Lecce ci sarebbero anche episodi accaduti durante le indagini (con tentativi di inquinamento, anche da parte di soggetti esterni) e addirittura dopo gli arresti dello scorso gennaio.
Il pm Licci ha già iscritto nel registro degli indagati Emilia Savasta, sorella di Antonio con l’ipotesi il concorso in corruzione (insieme all’ex marito Savino Zagaria) per aver ricevuto denaro e altre utilità (la ristrutturazione di una palestra) da Flavio D’Introno, e di concussione e concorso in falso ideologico e materiale insieme all’ex gip Michele Nardi e al fratello per il caso Tarantini (l’imprenditore di Corato cui è stato recapitato un falso avviso di garanzia per reati fiscali, per estorcergli 400mila euro). Tra gli iscritti nel registro degli indagati c’è anche un imprenditore di Ruvo, cui viene contestato il concorso in abuso d’ufficio e l’indebita percezione di erogazioni pubbliche per una vicenda tangenziale a quella dei regali ai magistrati arrestati. Altre verifiche riguardano professionisti, avvocati e commercialisti, che a vario titolo gravitano o hanno gravitato nell’orbita della Procura di Trani e che potrebbero aver fatto da tramite con i magistrati. Ancora, alcune accuse potrebbero riguardare anche gli imprenditori che hanno denunciato di essere stati costretti a pagare, in quanto sarebbero emerse circostanze differenti rispetto a quelle raccontate.
L’inchiesta della Procura di Lecce diretta da Leonardo Leone de Castris ha finora ipotizzato a vario titolo, oltre all’associazione a delinquere, anche le ipotesi di concussione, millantato credito, estorsione, truffa aggravata e minacce. Ne emerge lo spaccato poco edificante di un Tribunale, quello di Trani, in cui bastava pagare per ottenere una corsia preferenziale per le proprie denunce, magari costruite con falsi testimoni prezzolati a loro volta pronti a ricattare gli stessi magistrati.
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