Quali significati, estensivi o riduttivi, categoriali o pragmatici, può avere, parlando di Bizantini, Longobardi e Arabi, ma anche di Goti, Ebrei, Slavi, Armeni, il concetto di «civiltà a contatto»? (...) Nel nostro caso l’orizzonte metodologico e fattuale è di ben più limitate proporzioni tenuto conto da una parte della acquisita stabilità confinaria della realtà geografica della Puglia e dall’altra della varietà delle stirpi che concorsero ad animare il corso storico e i tratti evolutivi del suo sviluppo.
Si tratta in definitiva di verificare quali furono gli esiti di queste molteplici presenze; in che misura elementi così eterogenei si fusero, creando nuovi modi pensiero che incisero profondamente sulle strutture religiose, sulle istituzioni giuridiche, sulle manifestazioni artistiche, in tutto quello che si definisce complessivamente come «civiltà» o «cultura» di un popolo. Mi limiterò per ovvi motivi di tempo a una rapida elencazione.
Comincerò dalle istituzioni ecclesiastiche il cui processo di espansione, dopo la fase iniziale di cristianizzazione, nel V secolo può dirsi in larga parte, se non totalmente, concluso e che cronologicamente si dipana dalla Daunia per raggiungere il Salento. L’iniziale processo di latinizzazione nelle aree del Salento conosce tra IX e X secolo una sistematica campagna di bizantinizzazione accentuando quel dualismo tra le due aree di cui si diceva dianzi. Anche la diffusione del monachesimo obbedisce a questa duplice spinta con monasteri di rito latino e greco rispettivamente insediati i primi nel Gargano e nella Terra di Bari, i secondi nei territori di Taranto, Brindisi e Lecce.
Va in ogni caso ricordato che ad avere monasteri greci non erano solo le parti ecclesiasticamente greche della Puglia ma anche quelle latine. Le frequenti invasioni musulmane in Calabria aumentarono la mobilità dei monaci greci, spingendoli verso nord: essi fondarono così monasteri anche in Capitanata, come, ad esempio il monastero di San Giovanni in Piano presso Lucera.
A rendere meno incompleto il quadro tracciato, conviene accennare ad alcuni elementi specifici della religiosità dei vari ceppi etnici presenti sul territorio pugliese durante l’alto Medioevo. Va rilevato innanzitutto che tra i santi protettori delle genti longobarde figurava, oltre San Pietro e il Battista, in primo luogo l’Arcangelo Michele, il cui culto nazionalistico e guerriero si affermò soprattutto nella seconda metà del secolo VII. In realtà l’area di diffusione del culto dell’Arcangelo in Puglia si era già sviluppato con i Bizantini che lo avevano portato dall’Oriente. A lui affidarono, come ad «arcistratego», la protezione e il comando spirituale delle truppe. Comunque, quasi unica fonte per la conoscenza della religiosità bizantina in Puglia, rimane l’iconografia degli affreschi rupestri e delle chiese «sub divo» superstiti. Una recente indagine sulle 250 immagini di santi pervenutici ha valutato in circa il 90% la presenza dei santi di origine orientale greco-sicula; l’altro 10% se è di origine orientale, risulta iscritta nel «sinassario» di Costantinopoli fin dal IX secolo e ha un innografia greca antica.
Insieme con la religiosità popolare va considerato il complesso problema della liturgia greca in vigore nei territori a prevalente popolazione bizantina o a popolazione mista latino-longobarda e bizantina.
Meritano infine di essere ricordate le comunità ebraiche stanziate in Puglia, specialmente quelle di Oria, di Otranto e di Taranto, fortemente legate alla tradizione palestinese e della cui religiosità rimangono, come si è ricordato, tracce molto interessanti nelle epigrafi in ebraico e in greco databili dal IV al X secolo.
Passiamo ora alla documentazione presente nel territorio pugliese e che interessa l’arco cronologico che va dal V al X secolo. A proposito dell’insediamento cristiano della Puglia, si è già rilevato che gli stessi reperti archeologici, oltre che i resti monumentali, sembrano confermare e, in alcuni casi, anticipare gli stessi dati cronologici ricavati dalle fonti letterarie. Comunque per tali aspetti non rimane che rinviare alle specifiche relazioni previste nel programma.
Oltre la religione e l’arte, rimane, infine, da definire quale fu il diritto o l’ordinamento giuridico vigente nei territori pugliesi dal periodo tardo antico al X secolo. È fuori discussione la persistenza nel primo periodo degli istituiti romanistici sia per quanto riguarda il diritto pubblico sia per quanto riguarda la regolamentazione dei rapporti interpersonali. La situazione si complica quando su questo sostrato romanistico si inseriscono elementi e istituti giuridici di impronta bizantina o germanico-longobarda, per cui va opportunamente considerato separatamente l’influsso longobardo nei territori pugliesi dipendenti politicamente dal ducato di Benevento e, successivamente, l’eredità longobarda durane la seconda colonizzazione bizantina sia nei territori a prevalente presenza latino-longobarda sia nei territori a prevalente influenza bizantina.
Ebbene, nei territori dipendenti politicamente dal ducato di Benevento, scorrendo i documenti notarili che ci sono pervenuti, si constata chiaramente la fusione del diritto romano e del diritto longobardo. L’intrecciarsi e il confondersi di istituti e di nomi è un indice chiaro che è in atto un lento processo di assimilazione etnica e, contemporaneamente, di creazione di un nuovo diritto, attraverso specialmente il filtro della consuetudine.