Bravi ai rigori, ma non rigorosi? Euforici, ma non realisti? Ma no, l’immagine degli italiani eterni bambinoni e chiassosi, che intonano all’unisono Notti magiche, non si appanna quando li si mette di fronte alle grandi decisioni.
Il 68,4 % dichiara di «essere favorevole a introdurre un pass sanitario obbligatorio per entrare in ristoranti, alberghi, cinema, treni e aerei». Il 69,2% condivide la determinazione: «il personale sanitario che non si sarà completamente vaccinato entro il 15 settembre non potrà più lavorare e non verrà più pagato».
Alla prova del duro ritorno alla realtà, il sondaggio del quotidiano La Stampa dimostra che la pandemia ci ha temprati alle decisioni estreme. E quando all’improvviso il mare torna in tempesta, per raggiungere sani e salvi Itaca sappiamo di dover affrontare i mostri Scilla e Cariddi.
Contagi in risalita con la variante Delta e quarantene che fungheggiano in Europa, l’ultimo monito viene dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), inequivocabile: il rischio di una «catastrofe assoluta» se il pericoloso ritardo nella vaccinazione dei bambini a causa della pandemia di Covid-19 non verrà recuperato e se le restrizioni sanitarie verranno revocate troppo rapidamente.
Sono perciò, senza ombra di dubbio, l’ordinata e disciplinata convivenza da un lato e la prosecuzione della campagna di vaccinazione dall’altra le Scilla e Cariddi di un popolo che deve tornare alla sua Itaca, alla normalità, che vuol dire al contempo un nuovo slancio, per non pregiudicare il lavoro già fatto.
Troppo bello è stato il sogno di alcune notti e lancinante è apparsa la disillusione per un paese appunto che agisce d’impulso, di slancio, ma appare spesso renitente rispetto alla disciplina. E la disciplina della certificazione e della campagna vaccinale vuole che si abbandonino i cori e i caroselli per rimboccarsi le maniche e proseguire il tortuoso percorso del momento storico.
La nottata non è finita. Ma di fronte ai compiti, siamo più lenti, esitanti. È vero, la stanchezza gioca la sua parte, siamo esausti, ma l’intenso luglio, con i giorni dell’acme cui è seguito il crollo appena mascherato del dopo Europei, si presta a una lezione di carattere e di studio delle attitudini e comportamenti di un popolo intero.
Non sarà facile in questa estate conservare il sangue freddo e la pazienza dei controlli costanti, capillari, di code estenuanti con esibizione di permessi e carte. Già tardi alla meta si moltiplicheranno soste e rallentamenti. Per godere del piacere di un concerto o dell’allegria di un serata o dell’avventura di un viaggio.
Allo stesso modo, per molti non sarà facile accettare come un obbligo la condivisione del rito della vaccinazione, specie quando la stessa è, come dire, «consustanziale» al tuo ruolo e non puoi esimerti.
In questo frangente, secondo un copione già ben sperimentato, piuttosto che misurarsi sulla elaborazione di direttive chiare e lineari, le previsioni delle Cassandre di turno si esercitano su proclami e anticipazioni sul numero dei possibili contagiati, sul destino dei nostri figli alla riapertura delle scuole, sulla quarta ondata che arriverà.
La pandemia ritorna in qualche modo a essere un esercizio comunicativo, in cui hanno forza e ragione coloro che appaiono più persuasivi. E allora, non saremo bravi almeno quanto i francesi?