Sarà che la doppia denominazione inganna. L'unica regione ad avere due nomi, Basilicata e Lucania, con gli abitanti che da lucani si ritrovano ad essere chiamati «basilicatesi» o, vittime di reminiscenze cinematografiche, «basilischi». Da qualche tempo c'eravamo illusi che il resto d’Italia avesse scoperto l’esistenza di questa regione di 570mila anime.
In principio fu il terremoto '80, con le immagini delle macerie di Potenza, Balvano, Pescopagano a monopolizzare la Rai di allora, a far conoscere al Paese un piccolo territorio del Sud martoriato dal sisma. Raccontano i sondaggi dell'epoca che un italiano su quattro non sapeva dove si trovasse esattamente la Basilicata.
Dai media, per la verità, non sempre arrivò un contributo a fare chiarezza geografica, visto che nei vari Tg e sui giornali nazionali si localizzava la tragedia in Irpinia, con l'ombrello di Napoli a coprire tutto il cratere «frantumato» dalle scosse.
Veniamo ai giorni nostri. Il palcoscenico di capitale europea della cultura 2019 toccato in sorte a Matera, le pellicole-spot come Basilicata coast to coast del lauriota Rocco Papaleo, le immagini di una Palestina fatta in casa di The Passion of the Christ di Mel Gibson, lo scenario fiabesco di Wonder woman, gli inseguimenti tra i Sassi di 007.
Credevamo che fosse finito il tempo di spiegare a smarriti uditori la collocazione fisica di questa regione («sotto Napoli, fra Campania, Puglia e Calabria») e di non ascoltare più il ricorrente pasticcio dello scambio tra Potenza e Cosenza. Questione di assonanza.
E invece un recente sondaggio su 1.500 ragazzi italiani (dalle Medie all’Università) conferma il dilagante analfabetismo geografico. Metà di loro non sa che le regioni italiane sono 20 e che la capitale degli States è Washington. Solo a un terzo è noto che l’Ue ha 27 Paesi membri (col Regno Unito che si è chiamato fuori con la «Brexit»).
Per uno su 5 Crotone è in Basilicata. Altro che servire patatine fritte nell’alternanza scuola-lavoro o sdoganare lo smartphone in classe. Ai cyber-rampolli servono mappamondi. E un doposcuola obbligatorio con giaculatoria di mari, monti, fiumi e capitali. Ragazzi che, senza un'inversione di tendenza, finiranno per accodarsi allo stuolo di «strafalcionisti» per i quali la Basilicata resta sconosciuta e lontana. Come i suoi paesi: accade che Rionero in Vulture diventi Rio Nero presentando una puntata di un programma televisivo, forse pensando che in Brasile oltre al fiume di gennaio (Rio de Janeiro) ci fosse un corso d'acqua nero o che si dovesse parlare dei duelli western del Rio Bravo.
Informazioni che allontanano i lettori o gli spettatori di turno dalla realtà. Potrebbero aspettarsi di ammirare sullo schermo domestico gole profonde, canyon secolari e avventure ai limiti della sopravvivenza, con specie animali rarissime in giro per le lande deserte. Nulla di tutto ciò, per fortuna, con la vera Rionero in Vulture che è, come tutti gli altri centri limitrofi all’antico vulcano, una cittadina gradevole incastonata in un panorama storico e naturalistico unico e inimitabile. E poi tutt’attorno ci sono i vigneti nel cuore della Docg dell’Aglianico del Vulture, i castelli federiciani e tanto altro ancora.
C'è poi la «perla del Tirreno», Maratea, collocata sistematicamente in Calabria o in Campania, dimenticando che la Basilicata è una regione dai «due mari».
E ancora: il Pollino viene considerato solo calabrese, con i suoi centri arbereshe San Paolo Albanese e San Costantino Albanese collocati alla periferia di Tirana. Saranno pure lì le loro radici, ma è come voler localizzare il quartiere di New York, Little Italy, a Caserta o ad Avellino, solo per citare due dei paesi d'origine dei paisà d'America. Ancora oggi su periodici e quotidiani a diffusione nazionale si forniscono notizie errate sulla Basilicata, con Avigliano che diventa Avigliana (in provincia di Torino), Brindisi di Montagna collocata in Puglia al pari di Metaponto, Castelgrande «ridente cittadina dell'Adriatico».
Certo, i toponimisti dell'epoca ci hanno messo del loro a complicare il quadro generale. Prendiamo il Golfo di Policastro, luogo di miti e malie. Fu in questi paraggi che Ulisse volle farsi legare all'albero maestro per non soccombere al canto delle sirene. La terra che gli passava davanti era questa: fra l'attuale territorio della Basilicata e il Vallo di Diano e il Cilento, lembi di un’antica Lucania poi separata dalle burocrazie ma rimasta profondamente simile per lingua e cultura. Il problema è che oggi Atena Lucana non è in Basilicata, ma in Campania. Aspettando che si ricomponga (se e quando) l'antica Grande Lucania.