Il dottor Wu Lien-teh come Carneade, chi era costui? Fino a ieri, forse, alla stragrande maggioranza del genere umano questo nome vagamente asiatico non diceva nulla e, probabilmente, come succede per gli innumerevoli epigoni di Carneade - il filosofucolo greco ignoto al don Abbondio di manzoniana memoria -, lo abbiamo «ruminato» in cerca di una risposta.
«Questo nome mi par bene d’averlo letto»: eh sì, udite udite, al dottor Wu Lien-teh ieri il motore di ricerca più utilizzato al mondo e in Italia ha voluto dedicare un «doodle», una versione speciale del logo di Google per commemorare anniversari ed eventi. Ma perché il medico Wu Lien-teh è stato celebrato dal colosso dell’era digitale addirittura con uno «scarabocchio» speciale?
Abbiamo così scoperto che 142 anni fa nasceva sull’isola di Penang, in Malesia, questo minuto «camice bianco» passato alla storia per la sua battaglia contro la peste polmonare ma, anche e soprattutto, a lui si deve un grosso contributo nella nascita delle mascherine chirurgiche, ormai compagne inseparabili di ogni nostra uscita di casa «post lockdown». Tutti, Google compreso, insomma, in qualche modo dobbiamo ringraziare il medico malese per aver sviluppato questi supporti, indispensabili per tutti, entrati nella nostra quotidianità. I soli a essere riconosciuti, ad oggi, come l’unica barriera efficace contro la diffusione del coronavirus. Vaccino a parte, ovviamente.
Chapeau dunque a Wu Lien-teh che, per contrastare la peste della Manciuria del 1910-1911, mise a punto una mascherina di cotone idrofilo con molti strati che contribuì a ridurre notevolmente i casi di contagio.
E allora ci chiediamo: se non fosse esploso un anno a questa parte lo tsunami covid, avremmo mai conosciuto questo scienziato e la sua brillante carriera? Google avrebbe mai celebrato l’anniversario della sua nascita con un «doodle»?
Chissà. Sta di fatto che «riesumando» la vita e il genio del dottor Wu Lien-teh, abbiamo avuto la conferma che la storia è davvero fatta di corsi e ricorsi storici come sosteneva il filosofo napoletano Giambattista Vico.
L’idea di Wu Lien-teh è stata l’apripista alla maschera N95 che, insieme alle FFP1, FFP2, FFP3 sono ormai entrate nel nostro vocabolario quotidiano da quando, un anno a questa parte, abbiamo dovuto convivere con il covid-19. Abbiamo imparato, a nostre spese, che le mascherine, così come sosteneva il medico malese oltre un secolo fa, fungono da barriera ai «droplets» (un altro termine diventato di uso comune), ovvero le particelle liquide che emettiamo quando respiriamo, parliamo, tossiamo o starnutiamo e che possono essere veicolo di diffusione del virus.
Grazie allora dott. Wu Lien-teh! La sua invenzione, celebrata da Google a livello mondiale, se da un lato ha reso indistinto i profili dei visi che ci stanno difronte, coprendo anche i sorrisi, d’altro canto ci ha fornito un'arma (la prima in assoluto) in più contro il propagarsi del maledetto subdolo virus. Che, purtroppo, continua a seminare ovunque lutti e sofferenze e che «allontana», che ci tiene a distanza, che ci fa essere diffidenti nei confronti dell’altro.
I sorrisi, siamo sicuri, torneranno. Lasciata l’emergenza alle spalle rispunteranno sui nostri visi. Forse in maniera nuova, più consapevoli del loro valore. Le mascherine, quelle del medico malese, rimarranno comunque impresse nella nostra memoria. Certo, non saranno collegate più alla peste della Manciuria ma rievocheranno l’«annus horribilis» 2020.
E attraverso questi semplici pezzi di stoffa, oggi irrinunciabili, ricorderemo i sacrifici, i dispiaceri, le file ai supermercati, i canti dai balconi, le feste comandate trascorse in città, le distanze, i colori, i Dpcm, le ordinanze…
Ricorderemo soprattutto i morti, tutti coloro che non abbiamo potuto piangere perché portati via senza il tempo di salutarli come meritavano. Ecco, negli anni a venire non ci vorrà più un il «doodle» di Google e, sicuramente, il dottor Wu Lien-teh non sarà più il Carneade di manzoniana memoria…