Il 9 novembre le Borse di tutto il mondo hanno avuto un sussulto, un’impennata come poche altre volte s’era visto. L’azienda farmaceutica Pfizer-Biontech aveva annunciato che il tanto atteso vaccino anti-Covid stava superando la sperimentazione meglio del previsto, mostrando un’efficacia superiore al 90% e senza effetti collaterali degni di rilievo. Tanto per avere un’idea, i vaccini contro le influenze stagionali, ritenuti già molto buoni, hanno un’efficacia attorno al 60%. Dunque il 9 novembre euforia sui mercati, titoloni sui giornali, interi programmi tv dedicati all’evento.
Il 16 novembre arriva il bis con l’annuncio fatto da Moderna. Il suo vaccino ha un’efficacia del 95% e presenta il non trascurabile vantaggio di poter essere conservato e trasportato a una temperatura di -20 gradi (la raggiunge anche un buon freezer domestico) a fronte dei -80 gradi necessari per il vaccino Pfizer. I due farmaci non sono gli unici, si aggiungono a quelli russo e cinese – sui quali però la scienza nutre dubbi – e a diversi altri in «fase 3» avanzata. Del resto, già da quando la sperimentazione era stata avviata, si sapeva che nel giro di 6-7 mesi sarebbero arrivate le autorizzazioni dei vari enti di controllo e che sarebbe iniziata la somministrazione.
In Italia è stato subito detto che il commissario Arcuri si sarebbe occupato del piano nazionale delle vaccinazioni. E qui già bisognerebbe chiedersi quali doti possiede il dottor Arcuri che, oltre che del Covid, deve occuparsi anche di altre cosucce come l’ex Ilva e tutte le crisi aziendali finite sul tavolo Invitalia, di cui Arcuri è amministratore delegato dal 2007 e che i governi Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte1, Conte 2 (e Conte 3?) hanno sempre confermato. Comunque, dopo pochi giorni è arrivato l’annuncio che il piano era pronto con tutte le necessarie indicazioni per le Regioni. Bene, forti di queste certezze, si arriva al cosiddetto «V-day», lo scorso 27 dicembre, quando nei principali Paesi europei è avviata in contemporanea la vaccinazione. Si tratta solo di poche simboliche inoculazioni, ma diventa il giorno-icona della liberazione dalla pandemia, proprio come il «D-day» del 6 giugno 1944 rappresentò l’inizio della liberazione dell’Europa dall’oppressione nazista.
I problemi cominciano quando dalle vaccinazioni simboliche si passa alla realtà. Tutte le regioni stentano, a cominciare dalla Lombardia con l’eterna aria da prima della classe, ma che col Covid sta inanellando un flop dopo l’altro. Nella regione governata dal presidente Fontana appena 3.126 vaccinati, nel Lazio 22.314, in Piemonte 12.685 e 6.802 in Puglia e 1.864 in Basilicata. I dati impietosi rivelano che dal 31 dicembre a ieri il vaccino è stato somministrato a 118.713 persone, a fronte di una disponibilità di 470mila dosi. Con questo ritmo per raggiungere la soglia della famosa «immunità di gregge», cioè 45 milioni di italiani vaccinati, possiamo essere certi di morire di vecchiaia.
I calcoli più ottimistici del Piano nazionale prevedevano 1 milione di vaccinazioni a settimana, cioè immunità di gregge raggiunta in 45 settimane, ossia a metà novembre prossimo. Ma questo è un calcolo ingannevole, perché occorre considerare due inoculazioni, quindi i tempi vanno raddoppiati: 90 settimane, ossia completamento non prima di metà settembre 2022. Ma per rispettare questi tempi occorre procedere come un orologio, senza rallentamenti né renitenze dei cittadini, con una media – considerata la tradizionale settimana di 5 giorni lavorativi – di almeno 200mila vaccinati al giorno. Cioè 10 volte i numeri di adesso e tenendo presente che si proceda allo stesso ritmo durante il periodo estivo così come a Natale e durante le altre feste. La sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa immagina addirittura turni di notte per vaccinarsi. L’inoculazione al chiaro di luna potrebbe diventare l’esperienza trendy della prossima primavera. Ma, battute a parte, saremo in grado di far funzionare così a lungo una macchina organizzativa tanto complessa e delicata?
Le premesse non sono buone. Perché i centri destinati alle somministrazioni sono insufficienti, insufficiente è pure il personale sanitario e, dulcis in fundo, non abbiamo il milione di siringhe a settimana che servirebbero. Altra domanda: ma conoscendo già dalla fine del primo lockdown l’impegno che avrebbe comportato una vaccinazione di massa, nessuna delle tante task force create dal governo poteva prevedere e prevenire i problemi che si sarebbero creati?
Ancora una volta si ha la sensazione di essere di fronte a dilettanti allo sbaraglio, non solo per quel che riguarda il governo, ma anche le opposizioni. Salvini, Meloni & co. piuttosto che chiedere ogni due giorni le elezioni anticipate, non potevano elaborare un efficace piano vaccinale da sbattere in faccia a commissari e task force e mandarli a casa con i fatti e non con le frasi a effetto create dalle agenzie di comunicazione e sparate nei talk show televisivi?
È vero la pandemia è grave, il virus è una brutta bestia, ma noi lo stiamo aiutando in tutti i modi, buoni solo a esultare e brindare per i successi di quegli scienziati che lavorano seriamente, ma senza essere capaci di mettere a frutto subito e bene le loro fatiche.