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Sopravvissuti alla reclusione domestica: ma adesso verrà il difficile...

 
Roberto Calpista

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Roberto Calpista

Sopravvissuti alla reclusione domestica: ma adesso verrà il difficile...

Forse nulla sarà come prima. Forse sarà meglio. Riproviamoci quindi cercando di non ricascarci tra qualche giorno, quando saluteremo un anno orribile

Domenica 27 Dicembre 2020, 16:30

Sopravvissuti. Almeno alla «prima» delle feste - vigilia, Natale e Santo Stefano - in lockdown siamo sopravvissuti. Ora, in attesa di San Silvestro-Capodanno qualche considerazione va pure fatta. Certo, nelle case non si sono visti più quei parenti di cui non ricordi bene; limitate le abbuffate; poche o niente tombolate; poker e whisky solo per pochi; regali ridotti all'essenziale, tra divieti e orari anomali per lo shopping e conti correnti assai impoveriti.
Questa roba però non è il Natale, confuso con l’abitudine alle oscenità generalizzate.

Qualcosa con il Covid doveva cambiare. Dalla prima ondata ne siamo usciti peggio di prima, in preda a un delirio estivo che ha riaperto le porte a un virus incattivito. Sorvoliamo. Speravamo di cavarcela anche alla seconda, ignorando, sbeffeggiando il quotidiano bollettino di morte e dolore. È andata diversamente.

I lati positivi: abbiamo passato la vita a dire (o a sentirci dire) che non stavamo celebrando il Natale come si sarebbe dovuto, che ne avevamo fatto una festa pagana tra baccanali di gruppo, tavole imbandite, risate volgari, corsa alle messe di mezzanotte per sbirciare o farsi sbirciare e fa niente che erano mesi che non si metteva il naso in una Chiesa. Abiti e viaggi comprati facendo debiti. Il Natale, fino a dodici mesi fa era l’inno all’ipocrisia e uno dei primi motivi di lotte sanguinarie tra e nelle famiglie. Guerre placate solo dallo scorrere dell’alcol. Una grande recita a cui cercare (senza mai trovare) la forza di sottrarsi, preferendo alla fine sguazzarci dentro.

Il virus ci ha costretto alla conversione. Innanzitutto facendo riscoprire a un popolo - quello italico - anarchico e ribelle, che rispettare le leggi, a maggior ragione se serve a salvare la pelle, è meglio. Certo ci sono state le eccezioni, la rissa ad Ercolano, le botte tra automobilisti a Foggia, i botti al quartiere Libertà di Bari, gli aperialcol anticipati al 23 dicembre.

Ma se su 81.885 controlli in tutt’Italia - il 24 e 25 dicembre - le sanzioni sono state solo 826, vuol dire in linea di massima che ci si è adeguati, magari approfittando anche della maglie allargate ai divieti previsti inizialmente. Prendiamo Bari, città simbolo di indisciplina: la polizia locale tra vigilia e Natale ha controllato complessivamente, nell’ambito del decreto anti Covid, 288 persone e 26 attività commerciali, contestando 18 violazioni. Nulla. Una sorpresa in un mondo costretto a informarsi non più sulle novità per fregare il prossimo, ma su medicina, virologia, epidemiologia e genetica.
Uno sforzo collettivo che ha portato a sostituire in molti casi la vicinanza fisica concreta con altrettanti momenti di vicinanza emotiva e affettiva, la condivisione di stati d’animo, l’espressione reciproca della mancanza, il confronto sui rispettivi sentimenti, facendoli a volte riscoprire più forti di quanto si immaginava.

Forse nulla sarà come prima. Forse sarà meglio. Riproviamoci quindi cercando di non ricascarci tra qualche giorno, quando saluteremo un anno orribile. Quello che dovevamo fare, che pensavamo di dover fare, era di non soccombere all’isolamento, non solo fisico, sapendo che nessuno sarebbe venuto a trovarci. Orfani del senso di identità condivisa dal gruppo. Abbiamo creato, pur se costretti, un’intimità sconosciuta, riscoprendo uno spirito natalizio, con delle note di tristezza, ma almeno questa volta puro.

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