Crisi di governo, la giustizia può attendere (ancora)
NEWS DALLA SEZIONE
Crisi di governo, la giustizia può attendere (ancora)
Arneo, bonificare almeno l'illegalità
Il rinascimento di Bari e la spinta della chiesa
Articolo quinto: chi ha i soldi ha vinto
Nel Paese dei rinvii si salva solo Sanremo
i più visti della sezione
NEWS DALLE PROVINCE
Brindisi, solaio crollato in un capannone: 4 indagati per omicidio colposo
i più letti
Il commento
Luca Cellamare
30 Novembre 2020
Di questi tempi non ci si aspettava dal Governo la panacea per tutti i mali del Fisco italiano, ormai vecchio e malandato. Ma quantomeno era da augurarsi l’emanazione di provvedimenti nel senso della redistribuzione dei flussi, dell’equità e soprattutto della linearità. Ma di lineare c’è stato ben poco. È emerso, ancora una volta, quanto tutto sia così dannatamente difficile. All’attualità, ottenere sgravi e/o crediti di imposta senza incorrere in errori, recuperi e sanzioni è quasi impossibile.
Il primo capitolo riguarda la infernale quanto caotica frammentazione delle scadenze. Differenziazioni in base a “zone”, categorie e con proroghe dell’ultimo minuto che hanno mandato in tilt una nazione. Il secondo capitolo, intitolato la “tarantella degli aiuti di Stato”, ci ha quasi appassionato. Dopo un andirivieni di posizioni e interpretazioni anche istituzionali, non è ancora chiaro se il limite quantitativo legiferato debba riferirsi alla “singola impresa” o al “gruppo di imprese”.
Questo rocambolesco anno fiscale è proseguito con il nodo stralcio Irap. Misura apprezzabile e ad ampio respiro. Ma che, per come formulata, si è prestata ad un uso distorto.
Ne hanno beneficiato a dismisura coloro che hanno avuto un exploit economico nel 2019, hanno versato per quell’anno acconti su base storica (inferiori) e quindi hanno potuto ottenere uno stralcio del saldo ben più consistente rispetto a chi, paradossalmente, aveva già subito una contrazione dei fatturati negli anni precedenti.
Poi c’è stata la sospensione, oltre agli atti della riscossione, anche delle notifiche degli avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Contrariamente a quanto si possa pensare, sospendere gli atti impositivi non ha un effetto salvifico nei confronti dei contribuenti. L’appuntamento con il fisco è soltanto rinviato al vicinissimo 2021. E per chi sostiene che la sospensione degli accertamenti sia una misura a tutela dei cittadini in difficoltà, rispondiamo che per quello c’è già lo strumento ordinario della sospensione dell’esecuzione degli atti.
A completamento delle iper-distonie fiscali della nostra nazione c’è il teatrino degli orrori delle trattazioni delle udienze tributarie: dapprima le indicazioni erano nel senso dei rinvii a nuovo ruolo per le pubbliche udienze; poi ci si è orientati alla trattazione scritta; poi, ancora, a quella “da remoto”. In futuro chissà! Il settore della giustizia tributaria in Italia è bistrattato, ma gestisce una mole considerevole dei contenziosi e muove interessi monetari mastodontici.
La verità è che queste anomalìe giuridiche trovano terreno fertile nel nostro sistema sgangherato e rattoppato con interventi continui, peggiorativi e per di più scritti malamente. Pertanto, quale occasione migliore per addivenire ad un’armonizzazione della fiscalità europea.
Meglio ancora una “fiscalità unica europea”. L’idea stenta ancora a consolidarsi perché richiede impegni strutturali di ordine legislativo e ancor più attuativo. Attenzione, con fiscalità comune non intendiamo gettito unico europeo. In questo senso è giusto che sia conservato un federalismo nazionale anche perché sarebbe impossibile resettare tutto ad un ipotetico anno “0”. Con fiscalità europea intendiamo regole comuni, legislazione uniforme, controlli ed interpretazioni univoche.
Ciò è stato soltanto in parte perseguito in ambito Iva, imposta di matrice comunitaria che, per una giusta logica condivisa, viaggia “per cassa”. Cioè l’imposta colpisce la ricchezza corrente e rappresenta veramente il relativo presupposto nel consumo. Ma questo criterio in ambito di imposizione diretta è ancora distante anni luce dal realizzarsi. Ed in un sistema europeo (ma anche mondiale) in cui ormai imperversa la regola del “cash is king”, è inaccettabile che il sistema italiano sia ancorato a vetuste, distorsive regole della competenza, della classificazione dei costi, della distribuzione delle spese pluriennali legate alle spesso fantasiose, bizzarre ed inquietanti interpretazioni dei contribuenti, del fisco e dei giudici investiti.
Va radicalmente cambiato l’attuale sistema nonché le regole della deducibilità e della tassazione, soprattutto per le imprese, evitando ghirigori riconciliativi tra dichiarazione fiscale e bilancio, doppi binari, derivazioni rafforzate, elenchi infiniti di variazioni in aumento e diminuzione, limiti di Rol, differenze di base imponibile tra Ires ed Irap, acrobazie normative -del circo fiscale- per tassare dividendi, plusvalenze, sopravvenienze e via discorrendo.
Anche le regole di redazione dei bilanci vanno riviste alla luce della nuova realtà economico/finanziaria globale. Quest’ultima sempre più liquida. Oggi, è inutile negarlo, la vera situazione di un’azienda la può fotografare soltanto la finanza disponibile e quella realizzabile a breve.
LE RUBRICHE
Lascia il tuo commento
Condividi le tue opinioni su