Le disposizioni normative vanno rispettate. Punto. Altrimenti rischiamo il caos in un passaggio già segnato da tumulti spontanei e talora da disordini fomentati dal lazzaro di turno, che per definizione sguazza nelle pestilenze. Nondimeno le medesime disposizioni si possono criticare e persino minare simbolicamente. È stato il caso dell’annuncio di «disobbedienza civile» da parte del gestore di una multisala cinematografica salentina di Taviano, che ieri aveva affisso all’ingresso il cartello «Io resto aperto», per poi desistere di fronte alla sanzione prevista, dai mille ai cinquemila euro. Ma anche un piccolo teatro di Gravina in Puglia ha provato a sfidare l’ultimo Decreto del presidente del consiglio dei ministri che, in funzione anti-contagio, prevede il divieto di apertura fino al prossimo 24 novembre. Sono segnali, coraggiosi o disperati, del forte dissenso del mondo della cultura e dello spettacolo. La protesta non è mai stata così combattiva e compatta dai tempi delle battaglie sessantottine e prende di mira in particolare il ministro Dario Franceschini. Artisti, intellettuali, lavoratori dello spettacolo, maestranze del cinema, scuole di danza, enti teatrali, operatori culturali si sentono traditi dal «loro» ministro, che finora è sempre stato sensibile alle ragioni del settore e, oltretutto, è autore di alcuni apprezzati romanzi.
RISPETTO DEI PROTOCOLLI - Certo, non vi sono luoghi al riparo dal virus, ma, stando ai dati di una recente indagine dell’Agis, su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli di lirica, prosa, danza e concerti, con una media di 130 presenze per ciascun evento, dal 15 giugno (giorno della riapertura dopo il lockdown) a inizio ottobre, «si è registrato un solo caso di contagio da Covid 19 sulla base delle segnalazioni pervenute dalle Asl territoriali». Mentre la Mostra internazionale d’arte cinematografica della Biennale di Venezia, con le sue migliaia di presenze quotidiane in totale sicurezza e nessun contagio, agli inizi di settembre confermò che si poteva ripartire in forza dello scrupoloso rispetto dei protocolli sanitari: misurazione della temperatura, mascherine e distanziamento in sala, sanificazioni, tracciamento grazie ai posti prenotati, controlli da parte del personale. Eppure i cinema nelle ultime settimane sono rimasti semivuoti (un po’ meglio è andata ai teatri) e, via via che crescevano i timori per la seconda ondata della pandemia, sono stati rinviati o addirittura destinati direttamente alle piattaforme streaming alcuni titoli molto attesi, uno per tutti No Time To Die, il nuovo 007 girato in parte a Matera e a Gravina.
Ora la nuova chiusura rischia di essere una pietra sepolcrale sulle timide aspettative di ripartenza, ovvero sulla consuetudine alle visioni collettive e su quei particolari presidi sociali e urbanistici che cinema e teatri, come del resto bar e ristoranti, costituiscono al calar del buio nelle città e nei paesi altrimenti preda del degrado o della devianza, quando non delle mafie. Ieri Franceschini ha replicato assicurando risarcimenti economici per le imprese e i lavoratori dello spettacolo, ma ha invitato tutti, e in particolare gli artisti più influenti, a «rendersi conto della situazione», molto grave a giudicare dalla curva del contagio. Il ministro dei Beni e delle attività culturali e del Turismo ha rivendicato la responsabilità politica delle misure varate «per ridurre la mobilità delle persone». Stessa ratio, insomma, della chiusura alle 18 imposta ai ristoranti, a loro volta penalizzati in maniera radicale.
Difficile districarsi nel dilemma fra vita culturale e sanità pubblica, entrambe tutelate dalla nostra Costituzione. Del resto, la salute del cittadino è di per sé un valore culturale essenziale, che, questo va ricordato anche a Franceschini, purtroppo il Governo e le Regioni non hanno protetto quanto avrebbero potuto e dovuto nella primavera e nell’estate alle nostre spalle: nessuna o scarsa programmazione ospedaliera e della trafila dei tamponi, nessun intervento sui trasporti pubblici, nessuna riorganizzazione degli orari scolastici, ritardi notevoli nella diffusione del vaccino anti-influenzale, nessun autentico coinvolgimento della medicina di base etc.
L'INIZIATIVA DEL PETRUZZELLI - Riteniamo sia stato sbagliato chiudere cinema e teatri, ma ora evitiamo di buttarla nell’operetta delle schermaglie di maggioranza per strappare uno 0,2 per cento nel prossimo sondaggio e pensiamo a dar corso immediato alle misure compensative, e, magari, a qualche idea nuova sui circuiti culturali, la produzione e la distribuzione, i festival, la fiscalità di vantaggio, la programmazione, e la tutela della nozione stessa di cittadinanza culturale, che riteniamo cruciale. In tal senso, è buona l’iniziativa della Fondazione Teatro Petruzzelli di offrire gratuitamente i concerti - eseguiti a porte chiuse - in streaming su Facebook e sulla pagina web. Il sovrintendente Massimo Biscardi e il presidente della Fondazione barese, il sindaco Antonio Decaro, parlano di «un servizio alla comunità e di un modo per consentire alle proprie maestranze la prosecuzione delle attività di formazione e mantenimento dei livelli artistici». Perché, quando questo maledetto virus sarà passato, non sia il deserto ad accogliere il domani.