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L’ambiente e l’in-gratitudine che circonda la tecnologia

 
Giuseppe De Tomaso

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Giuseppe De Tomaso

aziende green

Non è detto che la ricchezza prodotta si fondi sempre sul consumo delle risorse naturali

Martedì 13 Ottobre 2020, 15:31

Sosteneva Indira Gandhi (1917-1984), per lunghi anni al vertice dell’India, che la povertà è il primo nemico dell’ambiente. Indira Gandhi parlava con cognizione di causa. Sanità e qualità della vita, nella sua India affamata e sottosviluppata, erano concetti astratti o, tutt’al più, illusorie aspirazioni. Per fortuna, il progresso tecnologico ha dato una mano straordinaria a quello che Bill Gates definisce il «Sud globale» e la situazione indiana è migliorata assai rispetto alla stagione della donna premier finita assassinata dalle sue due guardie del corpo.

Progresso e tecnologia costituiscono i principali alleati dell’ambiente, ma, nonostante l’evidenza dei fatti, sono in molti a pensarla diversamente. Tanto da addebitare a progresso e sviluppo la responsabilità, se non la colpa, delle questioni ambientali.

A Brindisi alcune associazioni ambientalistiche si oppongono da mesi al progetto della “Edison spa” di realizzare a Costa Morena un deposito costiero di Gnl. Ora sembra che le riserve sull’iniziativa si siano placate, e però sono sorte perplessità sul sito del gas naturale. Staremo a vedere.
Purtroppo, anche sugli interventi tecnologici, da cui ci sarebbe solo da guadagnare in materia di sicurezza e risparmio energetici, il nonsipuotismo meridionale è sempre all’offensiva.

C’è sempre un motivo per opporsi: una specie da proteggere, una soluzione migliore da proporre... Per la soddisfazione di comitati e sodalizi locali custodi e amanti dello status quo.
Ok. Tutti, meritoriamente, vogliono preservare l’ambiente. Ma l’ambiente si preserva meglio non facendo nulla o favorendo tecnologie moderne e fonti energetiche pulite, come il Gnl a Brindisi? L’ambiente si preserva meglio lasciando i rifiuti alla mercé delle ecomafie o realizzando i termovalorizzatori? Attenzione. Un conto è l’ambientalismo, un conto è l’annientalismo, ossia la tendenza ad annientare - in nome di un mitico passato che sul piano ambientale idilliaco non è mai stato - qualsiasi opportunità venga offerta dalla modernità.

L’emergenza Covid ha già posto l’umanità e in particolare l’Europa di fronte a scelte epocali. Esiste davvero la possibilità di trasformare una caduta inattesa in salto improvviso, che richiama il classico balzo della rana. A patto però che alla modernità non venga sbattuta la porta in faccia. Infatti, si deve soprattutto alle ultime tecnologie la conquista forse più agognata dagli esseri umani: il disaccoppiamento tra ricchezza prodotta e consumo di risorse naturali.
Oggi lo scenario è cambiato. Oggi non è detto che la ricchezza prodotta si fondi sempre sul consumo delle risorse naturali. Grazie a tecnologie ultrasofisticate, non soltanto l’inquinamento tende a ridursi, ma tende a scemare lo stesso utilizzo di energie, vecchie e nuove.

Esaminiamo i rivolgimenti, o gli sconvolgimenti, prodotti e accelerati dall’emergenza Covid. Il più palese, ma anche il più incisivo per tutti, si chiama lavoro a distanza. Cosa ha dimostrato questa autentica rivoluzione che ha ribaltato le precedenti consolidate tipologie lavorative ed esistenziali? Ha dimostrato che il binomio connessione-informazione sta surclassando, nella filiera e nella gerarchia produttive, il binomio energia-distribuzione. Oggi la connessione (alimentata dall’informazione e viceversa) è più preziosa di qualsiasi miniera di petrolio, e anche di qualsiasi altro pacchetto di energie alternative. Oggi la fibra ottica vale più di qualsiasi altra risorsa naturale o infrastrutturale. Per dirla con una felice espressione utilizzata da Chicco Testa, già presidente dell’Enel, fino a ieri abbiamo cercato di potenziare i nostri muscoli, oggi possiamo sviluppare a fondo la nostra intelligenza.

Non sappiamo quando finirà l’incubo del Coronavirus, né sappiamo se sarà un vaccino a porre fine a questo periodo di angoscia, apprensione e depressione (in tutti i sensi). Sappiamo solo che progresso scientifico e avanzamento tecnologico cooperano per aiutarci a uscire al più presto e con maggiori speranze di recupero dall’inferno della pandemia.
L’economia nazionale ha già patito danni incalcolabili dal crollo della produzione. Dovremmo fare attenzione a non aggiungere altri scompensi. Anche perché le altre nazioni non stanno a guardare in un mercato irreversibilmente interconnesso.
Non vogliamo qui sostenere che chi si oppone a un impianto energetico abbia sempre torto. Ma non è neanche possibile o accettabile che abbia sempre ragione. Eppure non esiste progetto tecnologico, in Italia, che non sia contestato a prescindere, anche quando il paesaggio non viene nemmeno sfiorato e le presunte ferite ambientali sono del tutto immaginarie.
Ecco. L’emergenza Covid dovrebbe aiutarci a smascherare molti luoghi comuni; a vincere la diffidenza che nutriamo nei confronti di ogni novità; ad accettare la sfida della modernità senza riottosità e pregiudizi.
Purtroppo, la gratitudine alla tecnologia non è affatto scontata, nonostante gli immensi servigi finora resi da quest’ultima all’uomo. L’ingratitudine verso la tecnologia (unico vero eldorado ecologico) sarebbe, sul serio, più grave di un peccato mortale. Eppure, non è detto che l’uomo esca migliore da questo girone dantesco cui l’ha ri-confinato il virus sbarcato dalla Cina.

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