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Bari, Marcello Veneziani: il sovranismo non è morto

 
leonardo petrocelli

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Regionali in Puglia, nel centrodestra spunta l'ipotesi di Veneziani

"Ora il centrodestra deve chiudere la stagione dei tribuni della plebe"

Mercoledì 23 Settembre 2020, 11:49

Bari -   Marcello Veneziani, giornalista e saggista, sorpreso dal trionfo in Puglia di Michele Emiliano?
«È un risultato che mi sorprende perché c’erano tutte le condizioni per registrare un esito diverso. Emiliano aveva Renzi e i 5 Stelle contro e di fatto veniva da una stagione difficile per la Puglia. Era legittimo aspettarsi almeno un testa a testa se non una vittoria di Fitto»

Cosa è andato storto per il centrodestra?
«Si è verificato, a livello pugliese e italiano, un fenomeno strano: il voto confermativo, il voto per paura, il voto dato affinché le cose restino così come sono. È la sindrome del lockdown trasferita alla politica».

Nessuna peculiarità pugliese?
«In realtà c’è un fattore specifico che segnalo da parecchio tempo: la sindrome di San Nicola. Il centrodestra, sistematicamente, prova a vincere partendo da Lecce e viene fermato a Bari».

Fitto era l’uomo sbagliato?
«Di certo profumava di passato e non entusiasmava l’elettore di destra ma era perlomeno un buon amministratore senza colpi d’ala ma neanche di testa. Prudente, misurato. Ma, ripeto, l’elettore barese non percepisce in modo positivo le espressioni del notabilato salentino».

Significativo il tonfo della Lega. È finita l’onda lunga (e mediatica) di Salvini?
«Penso proprio di sì e onestamente non vedo come possa risalire. È dall’agosto del 2019 che le va perdendo un po’ tutte. Nel centrodestra c’è di fatto un problema di leadership. Se questo governo offre uno spettacolo miserevole l’opposizione non è da meno».

Qual è il problema?
«Il centrodestra ha attivato una serie di efficacissimi tribuni della plebe ma non di efficaci uomini di Stato o di governo. Non è il caso pugliese ma mediamente i candidati sono scarsi, non c’è struttura, né progetto politico».

Andiamo al dunque: il sovranismo è morto?
«No, non penso sia un fenomeno destinato a finire così facilmente per la semplice ragione che esiste in mezzo mondo. È un’onda larga oltre che lunga quindi non sarei sbrigativo nel cantare il de profundis. Ad esempio, ritengo che ci sia una forte possibilità che Trump, nonostante tutti i nemici che ha, venga riconfermato».

E per quanto riguarda i sovranisti italiani?
«La scommessa del centrodestra è quella di passare a un sovranismo più maturo che abbia senso dello Stato e sappia far propria la tradizione conservatrice».

Zaia può essere una risorsa in questo senso?
«È un grande governatore e magari potrebbe diventare anche un ministro molto serio ma serve un leader nazionale».

Alla luce del voto elettorale e referendario il governo è blindato?
«Non credo ci siano alternative. In queste condizioni nessuno vuole prendersi la patata bollente e andare al governo: né Draghi e nemmeno il centrodestra».

Chiudiamo sui 5 Stelle, delusi dalle Regionali ma premiati dal referendum. Che sorte li attende?
«Quella referendaria per il M5S è una vittoria di Pirro. È basso populismo rivolto contro tutti i partiti, anche il loro. Non è un voto politico».

Si spaccheranno?
«Credo di sì. C’è un destino maggiore che prevede il rifluire nel centrosinistra. E uno minore con un’ala, forse guidata da Di Battista, che potrebbe staccarsi e magari conservare una dignitosa coerenza altrove».

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