E se alla fine vincesse il Covid? La conta dei vinti e dei vincitori dopo l’election day più singolare di sempre darà una risposta anche a questo interrogativo, forse il più stringente di tutti. Certo, c’è un referendum che potrebbe cambiare, e non di poco, la storia della rappresentanza in Italia. E ci sono consultazioni Regionali e Comunali il cui esito potrebbe non essere solo un mero esercizio di storia locale. Tutto vero e tutto molto appassionante.
Ma la pandemia ha sparigliato il gioco e rimesso la minestra nel piatto dei sociologi. Siamo cambiati? E come? Durante i mesi del lockdown tutto ha funzionato per contrappunto. Cose che magari ci lasciavano del tutto indifferenti sono diventate bisogni capitali. I pigri si sono scoperti runner, asini patentati non vedevano l’ora che le scuole riaprissero, e, soprattutto, persone completamente disinteressate alla cosa pubblica hanno preso a invocare il ritorno, urgentissimo, della partecipazione collettiva. C’era molta frustrazione in questi comportamenti, tanta voglia di evadere e un pizzico di capriccioso infantilismo («in ogni uomo c’è un bambino che vuole giocare», diceva Nietzsche). Ma di fatto la questione è stata posta.
Il popolo degli indifferenti gramsciani, delle astensioni record, dell’anti-casta come professione ha mostrato di voler pensionare la «dittatura» dei Dpcm e riprendere in mano la propria sovranità. S’è riscoperto tutto: la democrazia, la costituzione, la partecipazione, le piazze, il confronto reale e non virtuale.
Bene, se tutto questo è vero, il momento è adesso. Ed è un momento del tutto atipico. Non solo perché abbiamo assistito a una vera e propria campagna «balneare» ma perché l’affiancarsi di Comunali, Regionali e Referendum è un ircocervo non previsto dalle leggi che regolano l’election day. E non solo perché la competizione più propriamente politica rischia di silenziare tutto il resto. Ma il vero pericolo che incombe è quello di un voto referendario a macchia di leopardo, corposo dove si vota anche per le altre due consultazioni, scarno dove la gente dovrebbe uscire di casa solo per decidere se tagliare o meno il numero dei parlamentari.
Ma anche nei territori in cui le schede saranno due o tre non è detto che il partito dell’astensione, da anni il più invidiato dagli altri movimenti, non possa dire la sua anche stavolta. Anche perché, se siete già andati a votare, vi sarete già fatti un’idea delle difficoltà materiali che l’operazione presenta. E di tutto il caos che ora dopo ora si sta generando senza sosta, anche a queste latitudini: dalla presidente di seggio lucana positiva al Covid (con tutto il resto della truppa sostituita al volo), alle defezioni di massa degli scrutatori pugliesi (perché devo rischiare di ammalarmi per quattro soldi?). Il tutto senza dimenticare la macchinosità delle operazioni, le lunghe code, le sanificazioni continue.
Alla fine, la vita dell’elettore non è semplice. Ma nemmeno quella di chi cerca di garantire l’ordine in mezzo alla più varia umanità. C’è l’ipocondriaco che, bardato come un palombaro, tiene tutti a sette metri di distanza. C’è il «fenomeno» senza mascherina che irrompe sulla scena indispettito dai rallentamenti e dalle lungaggini: «Ma perché vanno così piano?». Chissà... E c’è, buon ultimo, il cittadino comune costretto, per amor di democrazia, a sopportare la lunga trafila alla fine della quale - quando forse forse si intravede la luce - lo attende la prova più dura: ripiegare la fantozziana scheda elettorale della Regionali pugliesi, una vera e propria «coperta matrimoniale», come è stata ribattezzata sui social, messa lì a ricordarci che a queste latitudini siamo bravissimi a complicarci la vita da soli. Come se i guai non fossero già abbastanza. Al punto che, ad Adelfia, l’urna si è riempita prima del tempo e altre non sembra così facile recuperarne. È l’italica chiosa, che fa molto Flaiano, di un cerchio perfetto in un cui anche il passaparola potrebbe avere un peso nel far desistere qualcuno dal recarsi alle urne a perdere un’ora di tempo.
I conti li inizieremo a fare oggi pomeriggio tra numeri, aneddoti, ironie e polemiche. Parleranno i risultati, certo, ma anche il bilancio «quantitativo» dei partecipanti al voto dirà la sua. Questa volta più che in altre occasioni. Non resta che armarsi di pazienza e affrontare il dubbio da cui la nostra riflessione si è generata: può davvero vincere il Covid? Per rispondere c’è tempo fino alle 15.