Ormai è certo. L’Italia è ai blocchi di partenza per la vera fase 2, tra scontri sulle regole, caccia ai fondi, furbetti del bonus e lamenti lamentosi di chi ha approfittato della breve estate per raddoppiare i prezzi, come già fecero nonni e genitori vent’anni fa con il cambio lira/euro.
Se dovevamo uscire dal lockdown «meglio di prima», l’operazione sembra fallita. Il problema semmai è un altro: dalla pandemia, scopriremo dopo l’abbuffata ferragostana, non siamo affatto usciti. I dati parlano chiaro, la «curva» tra alti e bassi resiste e in alcune zone cresce, Puglia compresa dove il treno della fortuna è già stato «sfruttato», e quello, si sa, non ripassa.
Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene alla Cattolica di Roma e consigliere del ministro della Sanità, cerca pure di farlo capire.
Dice il luminare: «Camminiamo su una lama di rasoio, l’Italia rischia una seconda ondata ancora prima dell’autunno», insomma una decina di giorni ancora di fancazzismo. Ora, la buona notizia è che il Covid ha preso i ritmi del Belpaese è si è infiacchito. La cattiva è che tra medici, scienziati, e «io sono intelligente», nessuno ha capito il perché.
Ricapitolando, cure non ce ne sono, tanto meno vaccini (per ora), il morbo rialza la testa approfittando dell’idiozia collettiva, settembre è a un tiro di schioppo con tutte le incognite, treni, scuole, uffici e l’immancabile fase di suspense politica: le Regionali. L’uomo di strada - chi scrive lo è - si chiede: come si farà a votare in sicurezza il 20 e il 21 del prossimo mese?
Sempre Riccardi ha individuato i buchi neri da evitare per ricadere nel baratro: mascherine, distanze di sicurezza, lavaggio delle mani. Aggiungendo: «Dove questo non è possibile devono intervenire le regole». E quando in Italia si parla di regole viene in mente quell’ormai desueto, ma immortale verso che si emette con la bocca, soffiando a labbra socchiuse e tremule. Ecco, se l’elettrice o l’elettore il 20 o 21 marzo tossiscono nell’urna, che accade? Arrivano i ghostbuster delle goccioline a sanificare? A che costi? Con che tempi? Se il presidente di seggio starnutisce sulla matita indelebile o sulla scheda magica, si può fuggire a gambe levate?
Il timore è che la politica abbia, tanto per cambiare, sottovalutato la tenacia del virus, o meglio - come spesso accade - messo la propria sopravvivenza avanti a quella degli altri. O forse no, a dar retta alla tesi complottistica. Che si traduce nel prossimo e improvviso dietro front: non si vota più. In realtà la questione non sarebbe nemmeno tanto campata per aria. In Puglia, sondaggi alla mano, Emiliano e Fitto se la giocano alla pari, con la Lega nazionale che ultimamente non ne azzecca una, con il probabile coinvolgimento nella storia dei furbetti di Montecitorio che non paghi dei circa 13mila euro netti al mese si sono messi in tasca anche i 600 del bonus partite Iva: se verificata sarebbe l’ultima catastrofe che fa felice solo Luca Zaia. I 5Stelle, sempre nel tacco rischiano l’osso del collo. Il governo giallorosso ne uscirebbe a pezzi, soprattutto se anche De Luca, popolarissimo governatore campano, cedesse lo scettro al «già visto che avanza», Caldoro. Un’altra tegola per un esecutivo che si regge su una maggioranza parlamentare (ma anche l’opposizione non scherza) terrorizzata dall’idea che, a volte, per campare può essere necessario lavorare.
Ma è la Toscana, si dice nei corridoi, a preoccupare maggiormente. Un sondaggio dà la coalizione tra dem e renziani in vantaggio solo di due punti sul centrodestra unito: 43,5% contro 41,5%. Il Pd si conferma il primo partito della Regione con il 31,5% ma la Lega non è lontana, al 25%. Nel Carroccio sentono che il doppio colpaccio, anche se non facile, non è impossibile: mettere le mani sul feudo rosso e mandare a casa Conte&Co. Mentre il Covid-19, in attesa di una qualunque decisione, gongola sulle spiagge, nei quartieri della movida, in party e discoteche di questa pazza estate.