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La Cina sarà una dittatura ma serviva subito la linea dura

 
Roberto Calpista

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Roberto Calpista

Bari sempre più vicina al mercato della Cina con «Puglia for China»

La pandemia che ha appena fatto il giro del mondo è senza precedenti

Sabato 07 Marzo 2020, 15:54

Ci ammaleremo tutti di Covid-19? Sulla prestigiosa rivista Science, nel 1919, apparve un articolo sull’influenza Spagnola. Non regnava l’ottimismo e i numeri poi diedero ragione agli scienziati di un secolo fa.

«La pandemia che ha appena fatto il giro del mondo è senza precedenti. Ci sono state epidemie con una mortalità più alta, ma erano più circoscritte. Ci sono state epidemie altrettanto estese, ma avevano un tasso di mortalità più basso. Inondazioni, carestie, terremoti ed eruzioni vulcaniche hanno prodotto distruzioni così terribili da sfuggire alla comprensione, ma prima d’ora non era mai avvenuta una catastrofe così improvvisa, devastante e universale», scriveva Science.
«Niente ansia» ha detto il Capo dello Stato, Sergio Mattarella parlando al Paese da padre nobile, non da scienziato, né da medico. La politica deve badare non solo all’emergenza sanitaria, ma anche e forse soprattutto all’intero sistema sociale ed economico. E quindi, che sia il Colle o Palazzo Chigi, è naturale e giusto «sorvolare» su alcuni aspetti che dimostrano invece la grande fragilità rispetto ad un evento nuovo, drammaticamente forte e, in parte inaspettato: un sistema sanitario nazionale che si sta sfaldando sotto i colpi del virus arrivato dall’Oriente, e che dalla Germania è dilagato in Europa accanendosi sul paziente più debole.

Gli ospedali della penisola sono in tilt, dopo decenni di dissennate politiche nazionali e regionali fatte con il pallottoliere, senza escludere le complicità di parte della classe medica e paramedica. Il risultato è sconcertante e tutto adesso poggia sulle spalle di quell’altra ampia fetta di medici che, tra immensi sacrifici, è in prima linea contro il Covid-19.
E tanto si sta mostrando triste realtà dalle Alpi all’Etna. Ma se non reggono le strutture di Veneto, Lombardia ed Emilia, spesso considerate - forse a torto - tra le migliori del Continente, figurarsi cosa potrebbe accadere, o probabilmente sta accadendo, nel Sud. In un sistema vanaglorioso che ha ideologicamente sempre preso le distanze da quello «privato» degli Stati Uniti, limitandosi sì a curare tutti, ma facendolo male.

«Niente ansia» ha detto Mattarella. Però l’informazione non può né deve mancare sull’inferno che in questi giorni si vive al fianco dei pochi posti letto di Terapia intensiva. La Sanità italiana, quella che voleva essere per tutti, s’è dimostrata con ampie falle e assolutamente non in grado di reggere alla tempesta. Una tempesta in cui sguazza il buonismo perverso che ancora non ha compreso una lezione: il virus si vince con la linea dura. Come dimostra quella messa in atto con successo contro la malattia dalla dittatura rossa di Pechino. In una Cina che adesso può permettersi di guardarci con pietismo. Il coronavirus italico è la cartina di tornasole del grande equivoco che è alle fondamenta di un Paese che tira avanti nell’ordinario (ma... povero a chi capita) e affonda davanti allo straordinario.
«La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia». Così Alessandro Manzoni descriveva il 1600.

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