Silenzio. Solo silenzio e noncuranza. Qualche titolo sui giornali, brevi servizi nei telegiornali, nessun riscontro sui social. Eppure ciò che tra un mese accadrà a Bari ha lo spessore della storia. E perché? Che accadrà a Bari? Appunto: questo è il nodo. Il fatto è ancora riservato, quasi bisbigliato, noto solo nelle sacrestie, e invece dovrebbe rimbalzare dall’aula del Consiglio comunale a quelle dei Municipi, delle scuole e dell’università, e poi trovare spazio nei circoli culturali, nelle librerie e nelle piazze, e diventare oggetto di riflessione culturale ad ampio spettro: sociale, politico, storico. Tra un mese Bari diventerà capitale della pace nel Mediterraneo, ma a sua insaputa purtroppo, perché la città (come tutta la Puglia) non si è ancora resa conto della rilevanza epocale dell’appuntamento convocato dalla CEI (la Conferenza Episcopale Italiana) dal 19 al 23 febbraio e che sarà concluso dal Papa.
Sarà un sinodo delle chiese dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ma per forza di cose ben più di un incontro spirituale. Sarà piuttosto un raduno delle energie positive di un quadrante funestato da conflitti e morte. Saranno presenti non solo i vescovi delle chiese cristiane nelle varie articolazioni dottrinali, ma anche i vertici delle comunità ebraiche e musulmane. E poi ci saranno autorità istituzionali nazionali, accanto ai rappresentanti di Ue e Onu.
Distrazione, superficialità e ignoranza rischiano di sprecare questa occasione storica per Bari. Che è stata scelta come sede del sinodo non certo perché disponga di spazi congrui e sistemi logistici adeguati. Il porto, l’aeroporto e il lungomare vanno bene alla borsa del turismo, ma non bastano per assurgere a ruoli istituzionali così delicati. Qui c’è di più. C’è sicuramente la posizione geografica favorevole, ma c’è anzitutto la storia e soprattutto c’è un collante indistruttibile: c’è San Nicola, che fa di Bari epicentro dell’ecumenismo e “porta d’Oriente”, anche se detto così sembra un luogo comune.
Papa Francesco torna a Bari per la seconda volta in venti mesi: un battito di ciglia rispetto ai tempi della Chiesa. E anche questa volta, come fu il 7 luglio del 2018 per l’incontro ecumenico con tutti i patriarchi delle Chiese orientali, non viene per una visita pastorale alla diocesi. La motivazione è altra e meno ordinaria. Qui sono in discussione la pace, il bene comune e l’equilibrio tra le civiltà in Medio Oriente. Due anni fa l’invito a Bari partì direttamente dal Vaticano per iniziativa del pontefice; questa volta il motore di questo confronto di fraternità è stato acceso da tutti i vescovi italiani, che si sono dati appuntamento a Bari per stilare la magna charta della pace nel Mediterraneo.
Tutto questo avverrà a Bari, e Bari resta indifferente. Ora si è messa in moto la macchina organizzativa della sicurezza, ma questo riguarda solo la Prefettura e le forze dell’ordine e in qualche modo il Comune. È stato già detto che saranno giorni difficili sotto il profilo logistico, per cui prepariamoci pure alle lagnanze per i parcheggi negati, i cassonetti spostati, i bus urbani deviati e le strade transennate. Così fu tre anni fa per il G7 dell’Economia e della Finanza, ma questa volta le assise internazionali hanno una rilevanza persino superiore e soprattutto riguardano Bari e la Puglia non solo come sede di riunione ma come terra di propulsione della cultura del dialogo.
In un periodo in cui la politica sovranista anti-immigrazione invoca la difesa dei confini, a Bari si declinerà il Mediterraneo come “frontiera di pace”. È sottile ma sostanziale la differenza: il confine costituisce la linea invalicabile, il “muro”, il luogo oltre il quale non si può andare; la frontiera è invece l’opposto, è il punto di passaggio, di scambio, di incontro. Questo è il Mediterraneo per quanti si riuniscono a Bari, aldilà della fede e delle fedi. Si vuole perseguire una politica di pace e rinvigorire una cultura che stringa le mani protese e gli abbracci difficili. Il mare non divide, ma unisce le sponde opposte: il Mare Nostrum è sempre stato solo questo.
Ecco. Tutto questo Bari non lo sa o finge di non saperlo o non ricordarlo. Bari non sta dimostrando di avere coscienza di ciò che sta accadendo e di avere consapevolezza di ciò che è e del suo ruolo. Bari è ignara, resta impermeabile alla sua stessa sostanza. La Città Vecchia e la basilica di San Nicola raccolgono tanti e tanti segni storici di varie epoche, capaci di spiegare perché Bari viene ora riconosciuta come capitale: dalla traslazione delle ossa del Patrono alle iscrizioni arabe sulla pietra del ciborio della basilica e alle molteplici tracce di epoca medievale e oltre.
Se Bari ricomincia dalla propria storia, Bari rifarà la storia dell’intero Mediterraneo. E Bari, in questo caso, significa la Puglia intera. Non è ancora troppo tardi: c’è tempo per recuperare la memoria di sé.
Auguri, Bari.