BARI - La letteratura politologica sulla peculiarità del sovranismo italiano ha ancora uno scaffale scarno. Nelle ultime settimane, però, sono stati pubblicati studi e saggi che aiutano a decifrare un fenomeno in rapida evoluzione e che in Italia ha anche un profilo di governo, in particolare nelle regioni governate dal centrodestra a trazione Lega-Fdi (lo ha avuto anche nella breve parentesi dell’esecutivo gialloverde).
Per una rassegna della più recente pubblicistica sul tema non si può prescindere dalle riflessioni dell’’intellettuale conservatore Sergio Romano ne L’epidemia sovranista (Longanesi), dove inquadra la crescita di questi movimenti nello scacchiere mondiale come reazione alla globalizzazione, e dagli approfondimenti dell’accademico Marco Tarchi che ha curato il volume collettaneo Anatomia del populismo (Diana Edizioni), ma è lo studio Sovranismo. Le radici e il progetto (Historica edizioni), curato dall’ex ministro Gianni Alemanno, a fornire più elementi per conoscere questo filone politico, grazie ad una raccolta di ben 48 saggi. Si tratta di un’opera ibrida, alla quale hanno collaborato accademici, politici, giornalisti, scrittori ed economisti: un parterre che va dal senatore Claudio Barbaro della Lega, al filosofo marxista Diego Fusaro, al presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara, a Marco Gervasoni dell’Università del Molise, passando per l’artista e scrittore Pietrangelo Buttafuoco, l’economista Antonio Rinaldi, il giornalista Domenico Campana (ex Ansa), nonché i più attenti dirigenti politici dell’area della destra sociale, da Marcella Amadio al leader nazionale di Mns Marco Cerreto, passando per Roberto Menia, Chicco Costini, l’intellettuale geopolitico Salvatore Santangelo, il notista politico Antonio Rapisarda, il maestro Zen Gianfranco Tiberti, lo scrittore Aldo Di Lello e l’ex direttore del Secolo d’Italia e di Area Marcello De Angelis. Ci sono anche i contributi di estrazione più meridiana dei pugliesi Vito Ippedico e Cesare Mevoli, e dei lucani Antonio Tisci, Leonardo e Michele Giordano.
Alemanno fin dal titolo si riconnette alla tradizione della migliore pubblicistica dell’area nazionalpopolare del Fronte della Gioventù-Msi, ovvero richiama il saggio nato nel 1989 in Umbria, Le radici e il progetto: idee per un movimento di indipendenza nazionale: allora quella classe dirigente della destra italiana, avendo ben chiari gli insegnamenti di intellettuali raffinati come Giano Accame e Beppe Niccolai, creò le basi per la futura base ideologica della svolta di governo del 1994, e sulla stessa linea questo elaborato ha come base - scrive Alemanno - «una antica tradizione di amore per la nostra Patria e per il nostro Popolo che non può non tradursi in una rivendicazione di indipendenza e sovranità». Per il fondatore della destra sociale le radici dell’attuale sovranismo sono negli studi di Carl Schmitt, dove la sovranità si riconnette alla nazione e implica un concetto di limite nella cessione dei poteri ad organismi sovranazionali, nell’ottica di un approdo ad una Europa-confederazione delle patrie. Si va così oltre la demagogia e si riafferma la centralità della dimensione identitaria delle comunità, considerate «come fattori creativi» che generano eccellenze e positive competizioni, non faide, chiusure o peggio xenofobia. Alemanno, che pur aveva per un breve periodo ceduto alle sirene europeiste di Mario Monti, si pone il tema della difesa dell’industria e della produzione italiana in un mondo globalizzato e non demonizza le soluzioni emergenziali del presidente Usa Donald Trump, a partire dall’introduzione di un moderno neoprotezionismo. Da qui alla formulazione di un modello politico inclusivo passa il consolidamento dell’alternativa postulata da Cristopher Lasch ne La ribellione delle élite, dove si ipotizza la risposta realista di un blocco sociale escluso dall’establishment globalista, sostanziata da un rinnovato intervento dello Stato nell’economia nazionale attraverso la transizione - già in atto - di Cassa Depositi e Prestiti verso il modello Iri.
Ogni focus metapolitico, in conclusione, precede e sostanzia le svolte delle varie fasi governiste: l’opera curata da Alemanno indica un percorso di ricerca di pensieri lunghi per riposizionare l’orizzonte nazionale in un mondo sempre più connesso non solo digitalmente. La madre di tutte le battaglie per quest’area politica, dunque, passerà dalla capacità di codificare visioni in un nuovo diritto europeo. E per questo ci vorranno nuovi politici, strutturati, non eterodiretti dalle tecnocrazie, in grado di creare ponti e di ridefinire trattati indispensabili per ridare un ruolo all’Italia in un orizzonte mediterraneo ed europeo.