Molti anni fa Silvio Berlusconi mi portò nel suo bagno della villa di Arcore per mostrarmi, affisso dietro la porta, il famoso ‘Contratto con gli italiani’ sottoscritto prima delle elezioni politiche del 2001. “Lo guardo ogni mattina”, mi disse. Mi permetto di suggerire a Giusppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio di fare altrettanto con una micidiale tabellina pubblicata martedì scorso sul ‘New York Times’. Fatto 100 il prodotto interno lordo 2007 dei quattro principali paesi europei, oggi l’Italia è a 96, la Spagna a 100 (quindi ha recuperato tutto), la Francia a 110, la Germania a 115. Nel 2024 la previsione è la seguente: Italia 99 (tre punti in più rispetto a oggi), la Spagna a 118 (otto punti in più), la Francia a 120 (dieci punti in più), la Germania a 124 (nove punti in più).
La Spagna – alla pari con noi nel 2013 - entra a pieno titolo nel gruppo di testa, noi siamo in un vagone sempre più lontano e isolato.
Fossi al vertice del governo, guardando quella tabella uscirei di casa ogni mattina con l’idea fissa di renderla meno imbarazzante. Sarebbe sciocco addebitare solo ai gialloverdi questa situazione. Con la crisi siamo precipitati fino al 2013, ma da quando abbiamo cominciato a risalire la nostra marcia è stata sempre lentissima, mentre gli altri scattavano. Dal ‘governo del cambiamento’ è perciò lecito aspettarsi il cambiamento che finora non si è avuto e che renda quella curva un pochino meno umiliante. Come? Sono noti a tutti i nostri punti deboli: tasse troppo alte, costo del lavoro troppo caro, investimenti troppo lenti, burocrazia esasperante, giustizia spesso inefficiente e talvolta imprevedibile. Si aggiunga un tasso di conflittualità governativa che non ha precedenti nella storia repubblicana e che certo non incoraggia gli investimenti. E’ possibile ridurre le tasse a chi le paga (la metà degli italiani è ferma al 15 per cento), rendere meno pesante l’assunzione di un dipendente, far partire subito un cantiere? (I corrotti si perseguono arrestandoli, non con norme che per paura della corruzione bloccano l’opera stessa).
“O manovra coraggiosa o si vota”, dice Salvini. Il coraggio, a nostro avviso, va commisurato alla crescita: all’Italia serve una svolta che corregga la curva da incubo che abbiamo illustrato. Ma una manovra coraggiosa è impossibile senza un governo compatto. Allora,o avviene un miracolo e ci si mette d’accordo o è meglio andare al voto anticipato, come sembra chiedere la maggioranza degli italiani. Una scadenza chiave è il 9 settembre. Quel giorno dovrebbe essere approvato in via definitiva la riduzione dei parlamentari da 915 a 600 (400 alla Camera e 200 al Senato). 315 seggi in meno e i nuovi rapporti di forza politici farebbero sì che gran parte dei parlamentari attuali non sarebbe rieletta. La blindatura di questo Parlamento sarebbe perciò una tentazione forte. Andrebbero ridisegnati i collegi elettorali e in ogni caso se Salvini volesse provare a governare da solo, avrebbe bisogno di vincere in molti collegi uninominali del Sud. Di qui l’annuncio della campagna meridionale d’agosto. Per votare o no?