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C’era una volta il computer. Analfabeti digitali a 13 anni

 
Anna Langone

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Anna Langone

C’era una volta il computer. Analfabeti digitali a 13 anni

Ex bambini digitali, ma non sanno usare il computer.

Venerdì 04 Gennaio 2019, 13:29

Ex bambini digitali, ma non sanno usare il computer. Sono i fratelli minori dei millennial, tredici-quattordicenni che arrivano al primo superiore senza aver mai provocato il ticchettìo di una tastiera (del Pc, perchè la macchina per scrivere neanche la conoscono). Gli insegnanti parlano con sgomento di questa nuova generazione di analfabeti informatici ma social dipendenti, adolescenti che non dovrebbero maneggiare lo smartphone in classe ma che possono sbloccare il cellulare fino a 80 volte al giorno, tamburellare sullo schermo 2.600 volte nelle 24 ore: chi si illude che l'intera mattinata in classe trascorra in astinenza? A casa, invece, i loro fratellini che hanno appena smesso di gattonare utilizzano il tablet anche sette ore in una sola giornata. Se l'incapacità di molti nativi digitali di consultare dizionari e utilizzare calcolatrici faceva rabbrividire, bisognerà inventare nuove espressioni per descrivere quanta voglia di vivere venga succhiata dal web ai più giovani.

È ormai storia che le dipendenze senza sostanze dei drogati di screen vengano curate nei Sert, è scontato che i dialoghi in famiglia siano ridotti a monosillabi tra una story e l'altra su Instagram (preferito a Fb "perchè c'è pochissimo testo"), ma come non stranirsi se più del 50% dei bimbi tra i 2 ed i 5 anni padroneggia i giochi on line, ma soltanto l'11% si allaccia le scarpe da solo? Ancora nulla, perchè l'ultima generazione di "digitali" svezzati a iPad, dopo aver gettato nel cestino il computer ha anche rinunciato a una fetta di futuro: gli americani, in perenne anticipo, avvertono che iGen pensano alla patente e alla prima auto sempre più tardi dei fratelli maggiori, non sono più diligenti negli studi, crescono più tolleranti, escono persino di meno, sono sempre super-connessi ma più infelici, spenti. Certo, prezzo e dimensioni ridotte spiegano la preferenza per i dispositivi smart che inficiano ormai da anni le vendite dei computer, tuttavia neanche gli smartphone hanno il vento in poppa: l'Europa vede calare la domanda oltre il 13%, con gli utenti che scelgono i marchi cinesi più economici o si tengono più a lungo lo stesso cellulare.

Cifre e tendenze dell'universo digitale non sono però solo numeri e virgole, sono esistenze che prendono direzioni differenti dal dialogo, dall'avvicinamento fra generazioni. Step necessari perchè i saperi di adulti e anziani non si disperdano, ma consentano ai più giovani di imparare dall'esperienza che non può essere del tutto surrogata dall'intelligenza o dalla mole di informazioni di cui la maggior parte dei frequentatori della rete dispone. L'abuso dei social ha portato a risultati insoddisfacenti se non sconvolgenti, ma non immutabili, se famiglia, scuola, noi tutti decideremo di non rassegnarci. Se Bill Gates e Steve Jobs hanno vietato ai loro rampolli l'utilizzo delle nuove tecnologie fino all'adolescenza, forse anche genitori meno famosi possono imparare a mettere paletti per costruire un futuro che non è soltanto quello dei propri figli, ma dell'intero Paese. Non è raro che imprese a conduzione familiare vedano interrotte dalle ultime generazioni attività nate floride, vocate al territorio, ma non tramandate perchè lo scollamento tra fondatori ed eredi è incolmabile. Magari per prevenire queste catastrofi si può cominciare dal riaccendere in casa quel computer con lo schermo grande come una tv, oppure rischiare di sentirsi retrogradi, non vergognarsi di esercitare un minimo di autorità invece che fare gli amici dei propri figli, dialogare con loro tramite "vocali" su Whatsapp: servirà a dare regole al loro mondo, per non tagliarli fuori da un domani che debbono imparare almeno a sognare.

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