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Tutti a caccia di "mi piace" senza mai dirsi una parola

 
Enrica Simonetti

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Enrica Simonetti

Tutti a caccia di "mi piace" senza mai dirsi una parola

«E, chissà se è un caso (ma certamente no), il «mi piace» di Instagram è un cuoricino, un’icona metafora del bisogno universale di amore»

Lunedì 17 Settembre 2018, 16:20

Se avessimo voglia di sorridere, ci chiederemmo se selfie estremo è anche quello - ormai dilagante - con Salvini (magari scattato durante un funerale). Manca però la voglia di sorridere, visto che c’è di mezzo la fine atroce di un ragazzo di 15 anni salito in cima a un centro commerciale per l’autoscatto della gloria. Ogni giorno ci confrontiamo con certa disumanità che anima il mondo del web e ogni giorno troviamo un motivo per convincerci che i nuovi barbari arrivano da lì. Non si potrebbe definire diversamente la corsa al selfie estremo che l’altra sera ha trascinato il 15 enne Andrea Barone prima in cima al tetto di un centro commerciale e poi in fondo a un abisso di morte. Il ragazzo, che riempiva i suoi social di foto «gloriose» scattate in posti impensabili, è precipitato in un condotto di areazione e ha perso la vita in questo «gioco». La sua morte segue di pochi giorni quella di Igor May, che a 14 anni aveva appena «imparato» ad autosoffocarsi grazie a un video su Youtube. Per non parlare delle manie suicide dei fan del «Blue Whale», gioco che - stando a quello che dice il web, ma chi si fida? - avrebbe già ucciso 157 ragazzi.
Tutti gli adolescenti sperimentano la crisi di formazione e crescono anche attraverso quelle «sfide» che ognuno di noi conosce. Chi salta questa importante tappa della propria adolescenza, prima o poi si pente e ci riprova a tarda età...
Fin qui, la crescita da manuale di psicologia. Ma come la mettiamo con queste ossessioni internettiane che invadono le adolescenze del Terzo Millennio? Possono mai somigliare a un’Isola di Arturo, a un Jack Frusciante, a un Barone rampante, a un Faust? I nuovi Ulisse della nostra era viaggiano fragili nella fragilità universale e sono intrisi del loro/nostro Tempo, vagando nel reale-irreale di Instagram alla ricerca di un fan in più che li segua. E, chissà se è un caso (ma certamente no), il «mi piace» di Instagram è un cuoricino, un’icona metafora del bisogno universale di amore.
Tutti noi, sbagliando, sottovalutiamo l’emergenza-web: ci sono genitori che passano più tempo «on line» degli stessi figli; ci sono «storie» che passano dalla famiglia al social senza che se ne parli con quel «vecchio» strumento che è la parola. E, guardando in fondo all’abisso del web, ci finiamo dentro. Peccato, perché questo web è così pieno di cose interessanti.

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