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«La Spada e l'Incanto», Massimo Donno con le radici nel Cantico di San Francesco per raccontare il mondo

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

«La Spada e l'Incanto», Massimo Donno con le radici nel Cantico di San Francesco per raccontare il mondo

Non un esercizio di devozione, ma una riflessione radicale su un mondo che, in bilico tra meraviglia e disastro, continua a cercare la sua redenzione

Giovedì 15 Maggio 2025, 06:30

C'è una bellezza che abbaglia e una bellezza che ferisce. Massimo Donno torna con «La Spada e l’Incanto» per raccontarle entrambe. Un disco che affonda le radici in uno dei testi più alti della spiritualità occidentale, il Cantico delle Creature di San Francesco, ma lo attraversa con sguardo contemporaneo, tanto che non si può parlare di disco «religioso». Perché oggi, come allora, lodare il creato significa anche misurarsi con il dolore del mondo.

In uscita il 16 maggio per Squilibri, l’album è anticipato da un calendario di anteprime e presentazioni (un appuntamento stasera, 15 maggio, a Cutrofiano, in Piazza Municipio, per spostarsi poi domani, 16 maggio, al Meeting Francescano del Mediterraneo di Palermo. Poi ancora il 17 a Selinunte - TP, il 18 a Reggio Calabria, il 23 e 25 a Parigi, il 30 a Maglie) e ospita una costellazione di nomi eccellenti, da Rachele Andrioli a Maria Mazzotta, da Redi Hasa a Cesare Dell’Anna, fino a Morris Pellizzari, per un disco corale che ha il respiro della terra e del tempo. Non un esercizio di devozione, ma una riflessione radicale su un mondo che, in bilico tra meraviglia e disastro, continua a cercare la sua redenzione. Musicalmente tabla, kalimba, bongos, elettronica discreta e strumenti elettrici si intrecciano a un impianto prevalentemente acustico, con arrangiamenti co-firmati da Riccardo Tesi. A impreziosire l’opera, nel libretto, i dipinti visionari di Beppe Stasi, che traducono in immagini la tensione continua tra materia e spirito, tra affondo e volo.

Da dove arriva la spinta per l'ispirazione al Cantico delle Creature di San Francesco?

«Apparentemente è un'opera lontanissima dalla "forma-canzone", e anche io stesso sono piuttosto lontano da quel tipo di ambiente. Eppure l'ispirazione nasce da una forma di fascino che ho subito nei confronti di figure carismatiche che si ritrovano nella solitudine. Non per forza leader religiosi, ma anche politici, culturali, a cavallo tra chi la solitudine l'ha scelta, e chi l'ha subita. San Francesco è a metà, approfondire la sua figura è stato un viaggio, anche la gestazione del disco è stata molto lunga, a partire dalla fine del 2022. Ho letto molte fonti francescane, interpretazioni, cercando di costruirmi un quadro di contesto storico, culturale e religioso. E mi piace, ad esempio, l'aspetto di contatto con il mondo femminile, quando prima chiede ai frati di evitare il rapporto con le donne, e poi dà loro un ruolo centralissimo, di governo, tanto che le figure femminili sono fondamentali nella sua vita, dalla madre, che l'ha protetto dal rapporto conflittuale con il padre, a Santa Chiara, sua prima "pianticella". Per poi giungere alla "madre" Terra, che governa nel senso di accudimento».

Nel titolo «La spada e l’incanto» c'è un forte contrasto: cosa rappresentano questi elementi?

«Sono i due aspetti fondamentali della figura di Francesco. Viene da una cultura di sogni cavallereschi, prima della conversione è stato in guerra, poi tornato indietro dopo la visione, folgorato. Alcune fonti dicono addirittura che lui stesse venendo in Puglia, a Lecce. L'incanto, invece, è la forma più alta di spiritualità, religiosa e non. La spada, al contempo, è metafora dell'essere combattivo e combattente, il coraggio che ha avuto attraversando il Mediterraneo, nel pieno della quinta crociata, rischiando il linciaggio, pur di diffondere la Parola».

Ha coinvolto numerosi musicisti e strumenti di culture diverse. Come ha costruito questo mosaico sonoro?

«Questa volta ho lavorato con ospiti legati al territorio, a un determinato tipo di linguaggio musicale. Emanuele Coluccia e Vito De Lorenzi, che sono sempre al mio fianco, hanno vissuto con me la genesi dell'opera, con Eleonora Pascarelli siamo andati perfino al Santuario della Verna, abbiamo incontrato un frate, è stato un percorso intenso e profondo. Ogni nome coinvolto è stato scelto con cura e ha risposto magnificamente».

C'è anche un'attenta componente visiva nel progetto...

«Non avevo idea di come muovermi, e non so se per caso o per un incastro del destino, il mio editore mi ha proposto il nome di Beppe Stasi, artista romano che conoscevo di fama e che ha fatto un lavoro bellissimo, curato. Ha voluto tutti i testi e la spiegazione di alcuni brani, si è immerso nell'opera senza essere didascalico».

Insomma, cosa si augura che il pubblico possa cogliere da questo lavoro?

«Non volevo solo raccontare il Cantico, anzi durante i concerti ne parlo pochissimo, è solo un espediente per raccontare la vita di Francesco che ci dà indicazioni importanti come una maggior consapevolezza sugli elementi della natura, il clima. E poi ci tengo a parlare del Mediterraneo nel 2025, perché lui non solo loda l'acqua per dire grazie ed esprimere meraviglia, ma quell'acqua l'ha attraversata per andare a parlare col sultano e diffondere la Parola. Allo stesso tempo in quello stesso mare più di 30mila persone sono morte. Spero di lasciare una consapevolezza in più rispetto a ciò che accade. La consapevolezza è un atto politico e quotidiano».

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