BARI - Non ha neppure 21anni (è nato a Giovinazzo nel giugno del 2001) e già fa molto parlare di sé, della sua musica e della sua capacità di scrivere testi ispirati, che tratteggiano la sua passione per la letteratura e la poesia: da Giacomo Leopardi a Eugenio Montale, da Pier Paolo Pasolini a Marcel Proust. Parliamo del giovane cantautore Tommaso La Notte, che già a 18 anni aveva pubblicato in autonomia il primo Ep dal titolo Nostalgia, poi presentato più volte in concerto aprendo i live di importanti artisti come Diodato, Giorgio Poi, Clementino, Bianco, I Ministri, Giò Sada e Dente.
A settembre dell’anno scorso ha vinto Facce Nuove, concorso indetto da Italia Music Lab, il nuovo hub nato da un’idea della SIAE per i giovani talenti creativi italiani. Tra agosto 2021 e marzo 2022, invece, Tommaso ha licenziato a cadenza mensile sette singoli per la storica etichetta pugliese di Marco Valente Auand Records. Questi singoli, insieme all’inedito Vita in pausa, compongono il suo album d’esordio dal titolo Pop Notturno, disponibile da ieri su tutti gli stores digitali prodotto da Alessandro Grasso e Molla per Auand Records (produttore esecutivo Marco Valente), con distribuzione Pirames International. Nel disco, oltre alla voce di La Notte, sono coinvolti i musicisti: Alessandro Grasso (basso, chitarre, tastiere, cori), Vincenzo Guerra (batteria e percussioni per il brano Non mi piaci tu e Passano i treni, Orazio Saracino (pianoforte su Una poesia di Montale) e Martina Vurro (coro su Shampoo alla camomilla). L’album si completa con i brani: La fine del capitalismo, Ballano le lucciole e Piedi al muro. Al centro della narrazione dell’album dell’artista pugliese ci sono: la notte, l’amore finito, il ricordo di questo amore e la propria stanza. Pop notturno è un disco in cui la parte lirica è predominante, mentre la musica si muove tra il classico cantautorato e incursioni indie, che fanno presagire in un cambio di rotta verso la «sperimentazione».
«La lettura è stata fondamentale – commenta La Notte -. Più che prendere la vita e portarla nelle canzoni, ho cercato di filtrato quello che vivevo sulla base delle letture che avevo fatto. Quando dovevo raccontare un sentimento, quindi, preferivo fare il rimando a quello che avevo letto e sentito. Adoro Leopardi, credo che sia uno dei più grandi geni in assoluto, mi piace molto la figura e quello che ha scritto Pasolini. Di Proust, invece, penso che con la sua poesia sia riuscito più degli altri a parlare di sentimento umano, e io in questo disco parlo di sentimenti».
C’è anche un brano che evoca il nome di Montale: è anche lui tra i suoi preferiti?
«Mi è rimasta in mente dal Liceo Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale. Nel testo della canzone ho giocato sulle scale, ma invertendo l’idea della poesia di Montale: lui scendeva milioni scale con la donna che poi ha sposato, io che avevo perduto un amore e pensavo alle miliardi di scale che percorrevo da solo. Una metafora per ricordare a tutti noi tutte le scale che scenderemo da soli nella nostra vita».
Nelle sue liriche ci sono rimandi anche al mondo dell’arte e del cinema.
«Credo che l’approccio artistico e, quindi, anche di un musicista, debba passare stimolato dalle arti in genere e dalla filosofia. Ritengo che le canzoni di qualità siano immagini in musica, per cui il cinema è fondamentale perché un solo fotogramma di un solo film, può darti la giusta ispirazione. Una canzone può essere come un film».
Musicalmente, invece, sta pensando a una formula più sperimentale?
«Sono cambiato molto rispetto agli inizi, con questo disco mi sono aperto molto di più a un immaginario indie. Nel prossimo futuro, comunque, vedo sicuramente una maggiore sperimentazione musicale, in questo il lavoro che ci ha lasciato un grande come Franco Battiato, che ho scoperto dopo la sua morte, può essere di grande impulso».